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Tragedia Casteldaccia, parlano i proprietari della villa: “Siamo Disperati”

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Nel pomeriggio di oggi 8 novembre conferenza stampa, a Palermo, voluta dai proprietari della villa incriminata nella quale lo scorso sabato hanno perso la vita nove persone durante l’esondazione del fiume Milicia.

Antonio Pace e Concetta Scurria, questi i proprietari dell’immobile, che hanno più volte dichiarato: “se avessimo saputo che poteva succedere non avremmo mai dato le chiavi a Giuseppe e non avremmo mai fatto entrare nessuno in quella casa (riferendosi a Giordano, il papà sopravvissuto all’inondazione)”.

“Nella villa aveva la residenza mio figlio – racconta Pace – non avrei mai messo a rischio la sua vita”. Antonio non era consapevole del rischio, insomma. I coniugi Pace sapevano della condanna per abusivismo, ma da quanto hanno dichiarato non avevamo mai ricevuto l’ordine di demolizione, non una comunicazione per abbandonare la casa. “Quella era casa mia, entravo ed uscivo quando volevo, mai nessuno mi ha detto niente – racconta Pace – mai nessuno mi ha proibito di accedere”, ed ancora: “10 anni fa avevo io stesso la residenza li”. Quando nel 2008 c’era stata l’alluvione avevo avuto danni minimi, solo alle cose”. Piange Antonio Pace, e grida il dolore profondo che ha nel cuore per quanto accaduto. “Voglio abbracciare Giuseppe, lo voglio abbracciare, il dolore che ha lui lo provo anche io, non ce la faccio più” dice affranto il proprietario di quella villa costruita a poche decine di metri dal letto del fiume. “Avevo dato le chiavi a Giuseppe perché lui aveva fatto per me alcuni lavoretti a casa” ed alcuni regali tra cui un motociclo, racconta in seguito Pace. In segno di riconoscenza anche per il cambio delle zanzariere proprio in quella villa aveva consentito l’uso della proprietà a Giordano.

Un rapporto d’amicizia, quindi, alla base di quella che sembra non fosse una locazione immobiliare, bensì uno “scambio di cortesie” a detta della famiglia Pace. Rompono più volte la voce per la troppa commozione, esausti entrambi, i coniugi non si danno pace per quanto accaduto: “sono troppo disperato – dichiara Antonio – mi sento responsabile di tutto, mi metto nelle mani della giustizia, del tribunale, sono disponibile a tutto io”.

Prende la parola il legale della famiglia, Marco D’Alessandro, che comunica la chiusura della famiglia Giordano in risposta alla richiesta di contatto dei Pace. “È comprensibile che in questo momento di disperazione il signor Giordano non voglia aprirsi ad un dialogo” – continua l’avvocato – “abbiamo voluto questa conferenza per dipanare ogni comprensibile dubbio da parte dell’opinione pubblica su un’ipotetica scelta del signor Pace di nascondersi o sottrarsi agli eventi”. Alla domanda pubblica posta da Giuseppe Giordano sul perché Pace non lo avesse mai informato del pericolo, il legale risponde che “nessuno ha mai inibito l’uso di quella abitazione”. D’Alessandro ribadisce che i suoi clienti non avevano percezione del rischio, ci sono diverse responsabilità da accertare spiega l’avvocato. Una sentenza definitiva di condanna e demolizione non vuol dire che si debba abbattere l’immobile senza prima aver ricevuto comunicazione sulle modalità. “Noi al momento non vogliamo scaricare la responsabilità su nessuno, ma non vogliamo che il signor Pace venga tacciato come un mostro da eliminare, su cui affondare gli artigli da parte dell’opinione pubblica”. Siamo ancora in una fase di raccolta delle informazioni e di accertamento di tutti gli aspetti della vicenda”. L’avvocato spiega che l’evento dEL 2008, a causa di un’altra inondazione, era stato un evento eccezionale che non contribuisce a dare quella  percezione del rischio, forse anche a causa di una bassa scolarizzazione ed un’estrazione sociale modesta, conclude D’Alessandro. Il motivo, infatti, per cui i Pace avevano lasciato la villa nel 2008 è da attribuirsi a motivi legati al luogo di lavoro di Antonio, a Palermo appunto, ed alla perdita di attaccamento a quella villa fatta con tanti sacrifici e che è poi stata dichiarata abusiva e da demolire, spiega ancora il legale. Al contrario, continua il legale, i signori Giordano, che avevano le chiavi dell’immobile anche per i lavori che Giuseppe stava svolgendo li, sembra amassero andare a trascorrere del tempo a Casteldaccia. Inoltre ha specificato che la sentenza di condanna parla di manufatto illecito e non di pericolo. In considerazione della non competenza giuridica dei Pace, continua il legale, è comprensibile che non avessero ravveduto la condizione di pericolo. È questo tra l’altro uno dei motivi per cui Pace ha dichiarato che non sapeva se sabato scorso i Giordano si trovassero o meno nella villa. Avendo le chiavi potevano entrare ed uscire quando volevano e come residenza abituale la famiglia abita a Palermo, dove i figli andavano a scuola. I Pace hanno infatti appreso la notizia della tragedia l’indomani, quando domenica accendendo la tv hanno compreso l’accaduto. Rimane comunque il fatto che il figlio dei Pace pur avendo la residenza nella villa non viveva più lì da anni. In sintesi i Pace, che nelle scorse ore avevano chiesto di partecipare ai funerali tenutisi ieri nella cattedrale del capoluogo, richiesta respinta dalla famiglia Giordano, attendevano che qualcuno gli comunicasse le modalità di demolizione. Nel frattempo però, oltre ad aver mantenuto la residenza del figlio ed aumentato la potenza del contatore elettrico, concedevano l’immobile in uso ad altre persone non a conoscenza del pericolo.

Conclude D’Alessandro, ribadendo la disponibilità dei suoi assistiti nei confronti dell’Autorità giudiziaria, e la loro consapevole “responsabilità morale” per quanto accaduto, almeno al momento. Ricorda inoltre che nella stessa zona a rischio idrogeologico insistano diverse unità immobiliari che hanno invece regolare autorizzazione o sanate in seguito, una situazione variegata quindi, da comprendere a fondo. Tra gli immobili della zona, anche una casa di riposo per anziani.

Forse una mancanza d’informazione, forse di comprensione, forse ben altro che verrà accertato prossimamente nelle opportune sedi. Certo è che 7 adulti e 2 bambini appartenenti ad un’unica famiglia hanno perso la vita in un’immobile costruito in un luogo in cui non sarebbe mai dovuto sorgere.

Di Mauro Faso

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