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The Hateful Eight ~ Gruppo di bastardi in un interno

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Oramai le fatiche di Quentin Tarantino, autore tanto noto quanto fattivamente poco prolifico, sono considerate mitiche molto prima che arrivino. Merito di sapienti battages pubblicitari, che in grande anticipo iniziano a creare una forte attesa nel vastissimo pubblico trasversale sul quale può contare il cineasta: si va dagli intellettuali che apprezzano la sapiente calibratura delle sue sceneggiature ai giovani che amano l’immancabile lato pulp delle storie che filma, fino ai vecchi cinematografari, che si divertono a riconoscere le numerose citazioni di pellicole di serie B (o anche inferiori) disseminate all’interno delle corpose opere del regista.

Giunto al secondo western consecutivo (dopo l’ottimo Django Unchained), Quentin cuce una trama dagli echi classici (leoniani, perfino) dove però riesce a infilare una specie di compendio di ciò che ha fatto finora, con la sola eccezione, forse, del “fuoriclasse” Jackie Brown. Oltre all’implacabilità dei personaggi, presente pure nel lavoro precedente (così come le traslazioni delle tristemente attuali tensioni razziali) e in A prova di morte (a oggi il titolo più debole di Tarantino), si ritrovano la claustrofobia da tradimento de Le iene, le violente iperboli e soprattutto la “criminalità di gruppo” di Kill Bill, l’analitica conflittualità di Bastardi senza gloria e, naturalmente, le sequenze grandguignolesche e le uscite a sorpresa alla Pulp Fiction, che in ogni caso pare influenzare un’inattesa ancorché drammaturgicamente preziosa frammentazione temporale. Il risultato, sebbene non sia classificabile fra i migliori (qualche sbavatura si adocchia nella vanificazione di alcuni dettagli, malgrado le quasi tre ore di proiezione scorrano con invidiabile ritmo, e in un finale un po’ “fuori binario”, analogamente – ma con effetto comunque più coerente – agli ultimi tre film), continua a essere di altissimo livello, con scorrettezze volute (gli sganassoni che il carceriere assesta spesso e volentieri alla rozza prigioniera) e tuttavia ironicamente mitigate (i due, in fondo, manifestano una certa complicità nei comportamenti).

A Guerra di Secessione abbondantemente finita (per quanto non dimenticata di sicuro), su una carrozza viaggiano un cacciatore di taglie (Russell) e la sua redditizia preda (la bravissima Leigh). Per l’innevata via del Wyoming che percorrono s’imbattono in un famigerato maggiore (Jackson) e poi in un sedicente sceriffo (Goggins), e tutti insieme trovano riparo in uno spaccio occupato da quattro sconosciuti (Tim Roth, Demián Bichir, Michael Madsen, Bruce Dern). Ci si potrà fidare di loro? Un “gioco” che coinvolge ovviamente lo spettatore.

The Hateful Eight (id., USA, 2015) di Quentin Tarantino con Kurt Russell, Samuel L. Jackson, Jennifer Jason Leigh, Walton Goggins, Tim Roth

di     Massimo Arciresi

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KKKKK
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