No Ma quartieri ri l’Archi c’era n’usanza, ca â finuta ro carnaliviri, l’òspiti prupuniva nu brìnnisi, ma prima dâ bicchirata, na puisìa nica vinia ricitata.
Lu brìnnisi ri Carnalivari… Chistu vinu è bellu e finu – e mi ciàura di lumìa -un brìnnisi fazzu a sta cumpagnìa. Chistu vinu è bellu e finu – friscu friscu veni di la vutti – fazzu un brìnnisi a tutti. Chistu è vinu di musìa – lu guardu mentri lu tegnu ntra li manu -stu brìnnisi è fattu a lu me cristianu.
il Carnevale negli Iblei.
L’antico Carnevale naturalmente, quello che ha lasciato tracce consistenti nella pubblicistica e in alcuni residui folklorici persistenti.
Serafino Amabile Guastella ci ha lasciato un’opera che è il caposaldo per la conoscenza del Carnevale Ibleo, descrivendo con minuzia rituali, oggi scomparsi, maschere e letteratura orale tipica di questo importantissimo rito festivo che è il Carnevale, l’unica festa senza santi, anzi con una “santo” tutto particolare, il Re Carnevale, un dio che nasce e muore come ogni fenomeno naturale, come la vita stessa.
Dalle antiche feste agrarie legate presso i Romani al Capodanno e note col nome di Saturnalia, deriva, con ogni probabilità, il nostro Carnevale. Sul significato della parola dubbi e ipotesi non mancano. Ma un dato in tanta ridda di teorie sembra incontrovertibile: nella parola stessa si sottolinea il significato della festa: l’eccesso alimentare, l’orgia rituale che caratterizzava le feste di fine anno, che si continua ai giorni nostri.
Il Carnevale come consuetudine si apre con il giovedì grasso e in Sicilia è uno degli appuntamenti più attesi del periodo invernale di questa splendida isola e si festeggia in tanti modi. Molti sono i paesi e le città dove la tradizione del Carnevale è viva ed è sentita. Negli Iblei, la festa del Carnevale è considerata, come nel resto della Sicilia, la festa degli eccessi che si onora con gli stravizi a tavola. Numerosi sono anche le ricette tipiche siciliane che vengono preparate in occasione del Carnevale in tutta l’isola.
Base della parola è senz’altro carne cui si aggiunge il composto di più difficile interpretazione, cioè levare, che assai semplicisticamente è stato letto nel significato più letterale, cioè togliere, eliminare: ma il Carnevale non si caratterizza per l’esatto contrario, cioè per l’uso, a volte smodato, sempre comunque esibito, di carne? E allora perché quel significato improprio di periodo in cui si toglie la carne? D’altra parte nel siciliano antico esiste un’espressione livarisi di carni, livarisi di vinu, che significa proprio mangiare smodatamente o bere vino senza controllo, che poi e l’esatto corrispettivo linguistico di tollere vinum latino che significa bere vino in eccesso. Carni luari o carni livari significano dunque l’esatto opposto di quanto a primo acchito può dire l’espressione.
Durante il Carnevale è consuetudine preparare il sugo a base di carne di maiale.
Retaggio della cultura contadina che a pochi giorni dall’inizio della Quaresima, che era solita uccidere il maiale, allevato magari nel cortile di casa. E’ famoso il detto, del maiale non si butta via niente…, infatti lo si cucinava in tutte le sue parti per farne delle pietanze gustose e nutrienti
Cinque sono i piatti tipici del Carnevale negli Iblei
Sembra che il motto del Carnevale sia di mangiare fino a scoppiare, forse in vista delle privazioni del periodo di astinenza della Quaresima. Si moltiplicano ovunque i banchetti specialmente nei giorni del giovedi’ grasso, della domenica e del martedi’ di carnevale.
Detto questo, il saggio del Guastella “L’antico carnevale della Contea di Modica” è l’opera più completa sull’antico Carnevale, che forse già ai tempi dello scrittore era in declino se è vero che spesso ne parla al passato. L’opera nella prima edizione fu pubblicata nel 1877 col titolo Antico Carnevale (Modica, Segagno), ripubblicata nel 1887 col titolo più specifico di cui sopra.
La descrizione che del Carnevale fa il barone ci riporta a un carnevale comune all’area iblea, in quanto a tempi, modalità e temi. Come ovunque in provincia (Siracusa e Ragusa fino al 1931 erano un’unica provincia) i giorni propri del Carnevale erano chiamati “sdirri” «e più particolarmente – continua il Guastella – sdirriruminica, sdirriluni e sdirrimarti, e la sera del martedì sdirrisira. Il giovedì grasso, o berlingaccio toscano, è da noi chiamato u iovi lardaloru, il giovedì precedente è chiamato iovi di li cummari, e infine il giovedì che precde i due indicati, il popolo lo battezzò iovi di lu zuppiddu. Per altro in Chiaramonte il giorno del zuppiddu è il mercoledì, e in altri paesi il venerdì: diversità di giorno, non di sostanza; e a ciascuno di tali giorni è stato appropriato un proverbio che all’ingrosso lo definisce. Così diciamo:
Lu iovi di lu zuppiddu / cu nun si cammira e peiu pir iddu; lui ovi di li cummari / cu nul l’ha si li fazza mpristari; lui ovi di lu lardaloru / i frati mmitavanu i suoru; / ora i tiempa su canciati / e i suori mmitanu i frati; oppure: Lu iornu di lu lardaloru /la mamma s’ampigna lu giggiolu; la sdirruminica fatti amica a monica; oppure ancora La sdirruminica: varditi ca lu puieta sbuommica!».
Di grande interesse etnologico è senz’altro quest’altro proverbio:
“Lu sdirriluni: aranci a buluni”, cioè il lunedì di carnevale arance a volontà. Arance? come ad Ivrea, cioè lanciate a mo’ di battaglia? proprio così, v’era un po’ ovunque nei paesi iblei e altrove senz’altro l’uso di inscenare battaglie col lancio di vari oggetti: coriandoli, talco, nerofumo, ceci, e … arance, che in questo periodo sono abbondanti. Non meravigli questa usanza, che ancora sopravvive ad Ivrea. In un “banno”, cioè ordinanza emessa dai giurati di Palazzolo nel 1663, si proibiscono diversi giochi soliti farsi a Carnevale, tra cui il lancio delle arance sotto forma di battaglia: com’è piccolo il mondo!
Oltre alla storia e alle origini del Carnevale, negli iblei si nota nel periodo del Carnevale un fermento nell’arte culinaria inerente alla gioiosa festa.
Il minestrone del giovedì grasso
La settimana del Carnevale si apre con il giovedì grasso in cui, a farla da padrone nella vecchia contea di Modica, è u maccu lurdu con o senza lolli, chiamato anche il minestrone del giovedì grasso.
È un minestrone che viene preparato con le verdure: patate, fave secche sgusciate, una cipolla, prezzemolo, sale e pepe, ma a cui viene aggiunto anche il lardo di maiale privato della cotenna. Una ricetta tipica del Carnevale Modicano.
I Maccheroni al ragù
I maccheroni al ragù sono uno tra i piatti italiani più tipici, sono caratteristici del periodo di Carnevale in Sicilia. Tradizionalmente realizzati a mano e rigorosamente conditi con il ragù che deve ovviamente, essere ricco di carne o altrimenti non avrà il suo sapore inconfondibile.
Maccheroni con la salsiccia
I maccarruna ca sasizza sono molto particolari, in quanto vengono conditi con un delizioso ragù preparato con la salsa e (anche) con pezzetti di salsiccia.
La Testa di Turco.
Tra i dolci, immancabili per Carnevale, sulle tavole siciliane c’è la testa di Turco. Sono dei grossi bigne, tipici di Scicli. Farciti con crema pasticcera o con la ricotta. Il nome “testa di turco” deriva dalla loro forma, a che ricorda un turbante. Questi dolci tipici si preparano sia per Carnevale che a maggio perché sono legate alla festa della Madonna delle Milizie.
La Mpagnucca, Pagnuccata o Pignolata.
È un dolce semplicissimo di origine povera che viene preparato con farina, zucchero, tuorli d’uovo e un pizzico di sale. Sono delle paline fritte e servite sulle foglie di limone, meglio se appena raccolte che donano un sapore inconfondibile alla mpagnuccata.
I Cuddureddi di nonna Marianna:
Il dolce a cui sono particolarmente affezionato per un ricordo che associo alla mia carissima nonna Marianna che ogni anno per la festa del carnevale ne faceva in quantità industriale che puntualmente tutti i figli, nipoti e parenti le chiedevano la degustazione
I cuddrureddri di Carnevale sono delle frittelle dolci preparate con farina di grano duro sofficissime senza lievitazione! Sono piccole ciambelline zuccherate velocissime da preparare con pochissimi ingredienti, questi dolci fritti veloci senza lievito diventeranno di sicuro i preferiti della famiglia Battaglia!
Leggendo gli ingredienti della ricetta di nonna Marianna mai potevo immaginare il risultato di questi dolci di Carnevale, soffici come delle ciambelline lievitate, buone e golose da leccarsi i baffi! E una tira l’altra, quindi ci sprona a preparane in abbondanza, tanto sono facilissime!
Le Chiacchiere
Infine, tra i piatti tipici del Carnevale in Sicilia si preparano alcuni dolci che è possibile trovare un po’ in tutta Italia: le chiacchiere, le castagnole e le zeppole fritte. Immancabili anche i cannoli, i ravioli dolci fritti, a forma di mezzaluna e le cassate, gioielli autentici della nostra cultura siciliana.
E puoi pi finiri ri parrari ro Carnilivari, vulia ricurdari na puisa nica nica ri Peppi Nappa ri don Angelu u Ncrasciatu…
Eh Peppi Nnappa, chi nomu curiusu, e chi nomu scialusu chi nnippitinnà.
Eh Peppi Nnappa, eh Peppi Nnappa, lu cannalivari, lu vosi purtari
‘nta chista città!
Curriti picciotti, chi Peppi arrivau la nnappa purtau ‘nta chista città
Eh Peppi Nnappa, eh Peppi Nnappa, chi nomu scialusu, chi nomu amurusu, chi felicità.
Salvatore Battaglia
Presidente Accademia delle Prefi
Com. Stam. + foto