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Roma, il sindaco rassegna le dimissioni: “Ho 20 giorni per ripensarci”. La lettera ai romani e il dopo Marino

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Alle 19.30 di ieri Ignazio Marino ha rassegnato le dimissioni da sindaco di Roma. Una decisione che arriva dopo le polemiche dei giorni scorsi che lo hanno visto al centro della cronaca a proposito delle spese ingiustificate che il primo cittadino ha sostenuto con la carta di credito del Comune. Tra le tante, la cena di Santo Stefano per sei persone in un ristorante a 200 metri dalla casa della madre con un conto di 260 euro, che l’ex sindaco ha pagato con la carta di credito del Campidoglio. Ma torniamo a ieri. Una giornata frenetica in Campidoglio, dove Marino ha incontrato gli assessori, non mollando la poltrona sino alla sera, nonostante gli assessori del Pd Esposito, Causi, Di Liegro avevano dato le proprie dimissioni già nel primo pomeriggio. Quindi il messaggio dal Pd: “E’ finita, meglio dimettersi” e il timore della sfiducia da parte del consiglio comunale, hanno portato Marino a prendere la decisione. Così ha scritto una lettera ai romani e inviato un video messaggio. Ecco il testo della lettera scritta dall’ex sindaco: Care romane e cari romani, ho molto riflettuto prima di assumere la mia decisione. L’ho fatto avendo come unica stella polare l’interesse della Capitale d’Italia, della mia città. Quando, poco più di due anni e mezzo fa mi sono candidato a sindaco di Roma l’ho fatto per cambiare Roma, strappando il Campidoglio alla destra che lo aveva preso e per cinque anni maltrattato, infangato sino a consentire l’ingresso di attività criminali anche di tipo mafioso. Quella sfida l’abbiamo vinta insieme. In questi due anni ho impostato cambiamenti epocali, ho cambiato un sistema di governo basato sull’acquiescenza alle lobbies, ai poteri anche criminali. Non sapevo – nessuno sapeva – quanto fosse grave la situazione, quanto a fondo fosse arrivata la commistione politico-mafiosa. Questa è la sfida vinta: il sistema corruttivo è stato scoperchiato, i tentacoli oggi sono tagliati, le grandi riforme avviate, i bilanci non sono più in rosso, la città ha ripreso ad attrarre investimenti e a investire. I risultati, quindi, cominciano a vedersi. Il 5 novembre su mia iniziativa il Comune di Roma sarà parte civile in un processo storico: siamo davanti al giudizio su una vicenda drammatica che ha coinvolto trasversalmente la politica. La città è stata ferita ma, grazie alla stragrande maggioranza dei romani onesti e al lavoro della mia giunta, ha resistito, ha reagito. Tutto il mio impegno ha suscitato una furiosa reazione. Sin dall’inizio c’è stato un lavorio rumoroso nel tentativo di sovvertire il voto democratico dei romani. Questo ha avuto spettatori poco attenti anche tra chi questa esperienza avrebbe dovuto sostenerla. Oggi quest’aggressione arriva al suo culmine. Ho tutta l’intenzione di battere questo attacco e sono convinto che Roma debba andare avanti nel suo cambiamento. Ma esiste un problema di condizioni politiche per compiere questo percorso. Queste condizioni oggi mi appaiono assottigliate se non assenti. Per questo ho compiuto la mia scelta: presento le mie dimissioni. Sapendo che queste possono per legge essere ritirate entro venti giorni. Non è un’astuzia la mia: è la ricerca di una verifica seria, se è ancora possibile ricostruire queste condizioni politiche. Questi i motivi e il quadro in cui si inseriscono le mie dimissioni. Nessuno pensi o dica che lo faccio come segnale di debolezza o addirittura di ammissione di colpa per questa squallida e manipolata polemica sulle spese di rappresentanza e i relativi scontrini successivamente alla mia decisione di pubblicarli sul sito del Comune. Chi volesse leggerle in questo modo è in cattiva fede. Ma con loro non vale la pena di discutere. Mi importa che i cittadini – tutti, chi mi ha votato come chi no, perché il sindaco è eletto da una parte ma è il sindaco di tutti – comprendano e capiscano che – al di là della mia figura – è dal lavoro che ho impostato che passa il futuro della città. Spero e prego che questo lavoro – in un modo o nell’altro – venga portato avanti, perché non nascondo di nutrire un serio timore che immediatamente tornino a governare le logiche del passato, quelle della speculazione, degli illeciti interessi privati, del consociativismo e del meccanismo corruttivo-mafioso che purtroppo ha toccato anche parti del Pd e che senza di me avrebbe travolto non solo l’intero Partito democratico ma tutto il Campidoglio”. Ignazio Marino è nato a Genova il 10 marzo 1955, chirurgo specializzato in trapianti d’organo, poi la carriera politica, quindi è diventato sindaco di Roma il 12 giugno 2013.

Il dopo Marino

Vediamo cosa prevede la legge in caso di dimissioni di un sindaco:
Le dimissioni del primo cittadino diventano efficaci e irrevocabili trascorsi i 20 giorni dalla presentazione delle dimissioni al Consiglio comunale (articolo 53 del Testo Unico degli enti locali). In questo periodo di venti giorni il sindaco, la giunta e il consiglio hanno solo poteri di ordinaria amministrazione. Trascorso il termine, il Consiglio comunale viene sciolto con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del ministro dell’Interno. Da qui cessano tutte le cariche politiche, decadono gli uffici di supporto all’Amministrazione e gli incarichi a contratto. Viene nominato dal Prefetto un commissario, detto Prefettizio, con incarico che si conclude entro 90 giorni. Quindi è nominato un commissario straordinario, con decreto del presidente della Repubblica con poteri uguali a quelli sommati del consiglio, della giunta e del sindaco. Poi si procede con le elezioni, che devono coincidere con il primo turno elettorale utile stabilito dalla legge.

di Serena Marotta

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