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Rivedere la legge Severino in senso maggiormente restrittivo

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L’Autorità Nazionale Anticorruzione ha emanato un documento che mette in evidenza le criticità della legge Severino approvando una delibera in cui sottopone al Governo e al Parlamento numerose proposte di modifica al testo legislativo. Una delibera che arriva nel pieno delle polemiche relative al caso De Luca, sul quale pende la spada di Damocle della legge Severino: l’esponente del PD è stato eletto presidente della Regione Campania ma, essendo stato condannato in primo grado per il delitto di abuso d’ufficio, in base ai dettami della suddetta legge dovrebbe essere sospeso dall’incarico. Secondo il documento diffuso da alcuni quotidiani, l’Autorità presieduta da Raffaele Cantone auspicherebbe un coordinamento tra le norme sulla inconferibilità degli incarichi e quelle sulla incandidabilità e sulla sospensione: ci sarebbero alcune divergenze sui reati elencati e sulle conseguenze legate alla loro graduazione sulle quali occorrerebbe intervenire. Un esempio per tutti: la legge sospende un sindaco condannato per abuso d’ufficio, ma non per tentata concussione. Risoluzione semplice: basta modificare la legge prevedendo la sospensione anche per la tentata concussione. Che la Severino sia da rivedere sono d’accordo ma la sua revisione a mio giudizio andrebbe attuata in senso maggiormente restrittivo. Da giurista, da docente di diritto penale e soprattutto da cittadino non riesco a comprendere perché per fare l’agente di polizia occorra avere oltre la propria fedina penale pulita, persino quella dei propri parenti e chi scrive le leggi dello Stato, e quindi ha una responsabilità maggiore di chi le fa rispettare, possa avere la facoltà di essere eletto fino alla eventuale condanna definitiva? Mi si risponderà: la Costituzione afferma che nessuno è colpevole fino alla condanna definitiva. Questo criterio allora vale anche per le forze dell’ordine? No, per loro si applica il cd. criterio della “sicurezza” (fedina penale assolutamente pulita) e se così non fosse, e ci trovassimo alla fine del percorso processuale con un condannato in terzo grado, avremo avuto in servizio per anni come tutore dell’ordine un pregiudicato. Io sono convinto che il predetto assunto debba valere a maggior ragione per chi le leggi di uno Stato le scrive e per chi rappresenta il popolo italiano. Per quanto mi riguarda non sono neanche d’accordo sul fatto che un condannato con sentenza passata in giudicato per la sua decadenza deve passare per una giunta interna che decide delle sue sorti. Se un organo terzo ed imparziale che esercita una funzione giurisdizionale per l’applicazione della legge ti condanna dopo tre gradi un giudizio, questa decisione va applicata all’istante senza fare distinzioni di partito e senza creare una specie di quarto grado di giudizio. In merito alla legge Severino il suo scopo mi sembra lapalissiano: evitare e scongiurare l’accesso o la permanenza in cariche pubbliche di soggetti privi dei dovuti requisiti di moralità e di imparzialità (art. 54 Cost.). Non dimentichiamoci che i reati commessi da pubblici ufficiali se contro la persona, il patrimonio o lo Stato prevedono l’interdizione dai pubblici uffici e per quelli più gravi addirittura la perdita dell’elettorato attivo e passivo come pena accessoria comminata al condannato. A questo proposito, il fatto difficile da comprendere è che da alcuni anni l’Italia sia governata con decreti legge e che gli eletti siano nominati a tavolino dalle segreterie di partito: questo a mio giudizio è il vero scandalo. Se una persona è un disonesto deve essere allontanato automaticamente dalla vita politica. Sinceramente non vorrei vedere in Parlamento neanche uno stupratore, un ladro d’auto o un topo d’appartamento. Se un cittadino per fare il poliziotto deve essere“immacolato” a maggior ragione questa regola dovrebbe valere per tutti coloro che rivestono funzioni pubbliche di rilievo costituzionale. Il problema di fondo resta sempre lo stesso: per vincere la corruzione ci vogliono: una efficace attività preventiva, giudizi rapidi, un processo che funzioni e pene certe. Oggi se uno ruba denaro pubblico in tre diversi contesti (Stato, Regione, Provincia), teoricamente potrebbe prendere fino a 10 anni per ogni distinto reato, ossia 30 anni. Ne prende invece tra i due e i tre anni e non sconta neppure un giorno. Su questo aspetto va fatta una seria riflessione se non si vuol giungere allo sfacelo generale della Stato italiano.

(Vincenzo Musacchio, Giurista e docente di diritto penale)

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