“Riportare gli stock ittici livelli sostenibili nel Mediterraneo entro il 2020 è condivisibile ma il prezzo non possono pagarlo ancora le marinerie siciliane che negli ultimi 15 anni hanno più che dimezzato la flotta e ridotto del cinquanta per cento il numero degli occupati con l’impoverimento sociale provocato nelle attività dell’indotto”.
A dichiararlo Giuseppe Messina, Responsabile dell’Ugl Sicilia commentando un articolo de L’Espresso di qualche giorno fa su uno studio dell’Ue che evidenzia come il 96 per cento degli stock ittici subisce una pressione di pesca tre volte superiore rispetto al livello sostenibile. I tecnici lo chiamano “Rendimento Massimo Sostenibile”: rappresenta la quantità di pesci che si può catturare, anno dopo anno, senza mettere a rischio la capacità di riprodursi in futuro e sulla ricerca, pubblicata su Nature da Daniel Pauly e Dirk Zeller, che ha ricostruito i livelli di pesca integrando numeri che sfuggono alle statistiche della Fao, come quelli della pesca artigianale e illegale. Ricerca che ha rivelato che, tra il 1950 e il 2010, le catture nel Mediterraneo potrebbero essere state il 50 per cento più alte di quanto dichiarato.
“Il Mediterraneo è sempre più povero di stock ittici e per l’Unione Europea l’unica ricetta praticabile è lo stop totale della pesca di alcune specie – afferma il sindacalista – ma non siamo con vinti che questa sia la via maestra. La flotta peschereccia italiana e siciliana si è dimezzata di fronte ai consumi di pesce che sono aumentati. L’Unione Europea è orientata ad uno stop totale della pesca di alcune specie nel Mediterraneo- agginge – che non porta da nessuna parte se prima non l’UE non avvia il dialogo con i Apesi frontalieri che si affacciano nel Mediterraneo e che non sono destinatari di alcuna misura restrittiva nell’attività di pesca.
“Non è ricevibile – conclude Messina – la volontà comunitaria di ridimensionare ancora di più la flotta peschereccia mediterranea e siciliana, in particolare, intervenendo solamente sulle marinerie già massacrate dagli effetti della PCP degli anni scorsi mentre insistono nel Mediterraneo flotte organizzate ed efficienti come quelle dei Paesi del Magreb che non si arrestano e non attuano alcuna politica di ridimensionamento. Serve il dialogo e la cooperazione tra tutti gli attori che sfruttano il Mar Mediterraneo se si vuole raggiungere l’obiettivo della sostenibilità degli stock ittici. Fuori da questo approccio l’UE potrebbe determinare la fine della pesca siciliana”