Per un giudice di Catania il sussidio è pignorabile poiché assimilabile alle entrate da lavoro e staggito nella quota di un quinto, in quanto misura di politica attiva dell’occupazione. Nessuna deroga: il debitore risponde delle obbligazioni con tutti i suoi beni
Pignorabile e pignorato. È destinata a fare giurisprudenza la sentenza del giudice dell’esecuzione del tribunale di Catania che ha sentenziato che chi percepisce il reddito di cittadinanza non potrà più contrarre debiti contando sull’impignorabilità del sussidio di Stato. Nel caso specifico il giudice ha dichiarato invece pignorabile il reddito di cittadinanza di un uomo di Piedimonte Etneo che aveva contratto dei debiti, nella misura del quinto del sussidio nei confronti dell’Inps. In particolare il giudice ha rilevato che il decreto istitutivo del beneficio sia una misura politica attiva dell’occupazione e non sussistenza alimentare, potendo essere assimilato a un reddito di lavoro dipendente e dunque regolarmente pignorabile. Nel dettaglio, il reddito di cittadinanza è staggito nella misura di un quinto, come fosse lo stipendio, nell’ambito dell’esecuzione presso terzi. E ciò perché costituisce una misura di politica attiva dell’occupazione, mentre non risultano gli estremi per derogare al principio secondo cui il debitore risponde delle obbligazioni con tutti i suoi beni. È quanto emerge dall’ordinanza per l’assegnazione dei crediti emessa dalla sesta sezione civile del tribunale di Catania (giudice dell’esecuzione Giuseppina De Farfalla).Vittoria per la società di recupero crediti: l’ordinanza ex articolo 552 Cpc assegna oltre 1.600 euro a carico di una banca, oltre che dell’Inps che eroga il Rdc al debitore; sul totale circa 1.100 saranno versati dall’istituto di credito e la restante somma dall’ente previdenziale, nella misura corrispondente a un quinto dell’importo erogato in concreto al netto delle ritenute di legge in favore del debitore. Per il giudice dell’esecuzione, infatti, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, il motivo è fondato e, al riguardo, ha ricordato che “ Il tutto perché il Rdc deve ritenersi assimilabile al reddito da lavoro e, dunque, può formare oggetto di assegnazione negli stessi limiti da parte del giudice dell’esecuzione nel pignoramento presso terzi. In effetti, si legge nel provvedimento, nel decreto 4/2019, manca qualunque riferimento a un’eventuale natura alimentare dell’istituto, mentre le norme che introducono eccezioni alla pignorabilità hanno carattere eccezionale oltre a essere di stretta interpretazione. Sull’inquadramento del reddito di cittadinanza è di nuovo intervenuta proprio ieri la Cassazione nell’ordinanza 10450/22, che ha detto stop al mantenimento dei maggiorenni da parte degli ascendenti se prima non si è valutato il ricorso al Rdc: la Suprema corte confermato che l’erogazione di somme mensili da parte dell’Inps ha «natura di politica attiva del lavoro», oltre che di «contrasto alla povertà, alla diseguaglianza e all’esclusione sociale», che va integrare «i redditi familiari». In precedenza ha indicato il reddito di cittadinanza come forma di sostentamento per il disoccupato, al posto degli alimenti a carico dei genitori, e per il figlio maggiorenne non indipendente, in luogo del mantenimento da mamma e papà (ordinanze 40882/21 e 38366/21). Tuttavia, in passato i redditi erogati dall’istituto di previdenza venivano bloccati in quanto l’Inps rifiutava l’accantonamento sostenendo l’impignorabilità del sussidio.
Com. Stam.Fonte “Sportello dei Diritti”