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Non si placano le polemiche a proposito delle antenne del MUOS di Niscemi

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A meno di 24 ore dalla visita all’impianto (che avrebbe dovuto svolgersi il 13 e il 14 gennaio) per rilevare i dati necessari alla loro analisi, il prefetto Maria Teresa Cucinotta ha comunicato al presidente del collegio dei tecnici, Maria Sabrina Sarto, docente dell’università Sapienza di Roma, che il sopralluogo dovrà essere rinviato “a data da destinarsi”.

La perizia era stata richiesta dalla procura di Caltagirone che aveva messo i sigilli alle tre grandi parabole del MUOS che si trovano all’interno di una struttura militare che ospita già 46 antenne di trasmissione, tutte di proprietà degli Stati Uniti d’America.

Il MUOS (Mobile User Objective System) è un sistema di comunicazioni satellitari ad alta frequenza  banda stretta. Le prime critiche su questo sistema risalgono a diversi anni fa e sono legate al presunto rischio di inquinamento elettromagnetico con ripercussioni pesanti sull’ambiente e sulla salute. Una situazione resa ancor più critica dal fatto che la base di Niscemi si trova nella riserva naturale della Sughereta, da tempo definito sito di interesse comunitario (Sic), e sulla quale esistono vincoli molto ristretti. Ma che, evidentemente, non limitano gli insediamenti militari (e, per di più, neanche italiani).

Per questo, più e più volte è stata contestata la legalità delle autorizzazioni. Dopo il ricorso al Tar (cui si erano rivolti i movimenti No Muos e il comune di Niscemi) e l’ok del governo nazionale che, nel 2009, aveva autorizzato la costruzione, in vista della data per la decisione finale, fissata per 3 febbraio prossimo, è stato presentato un ricorso al Consiglio di giustizia amministrativa (Cga). E proprio il Cga, nel tentativo di definire, una volta per tutte, l’effettiva pericolosità degli impianti (dato che le precedenti  verifiche non sono state sufficienti), ha nominato una commissione costituita da cinque tecnici (di cui tre nominati dal ministero).

Nei giorni scorsi, però, la visita di questi esperti al MUOS è stata annullata all’ultimo minuto. Il prefetto ha convocato una riunione “tecnica” con rappresentanti di Asp, Arpa, Vigili del fuoco e comune di Niscemi “nel corso della quale – come ha comunicato – è emersa l’impossibilità di indicare alcuna misura precauzionale da adottare, in assenza di ogni elemento di conoscenza e valutazione in proposito”. “Il medesimo presidente (Maria Sabrina Sarto, ndr) ha assicurato per le vie brevi che avrebbe approfondito la questione con gli altri componenti del collegio e, a seguito di un programmato incontro con le autorità statunitensi teso ad acquisire ulteriori dettagli sul funzionamento del citato sistema, avrebbe proposto l’accensione dei sistemi radianti alla minima potenza”.

Intanto, l’Associazione Antimafia Rita Atria ha presentato alla procura della Repubblica del Tribunale di Caltagirone una denuncia. Secondo l’associazione “neanche gli stessi verificatori vogliono assumersi la responsabilità di decidere ed indicare quali siano le misure opportune da adottare per la tutela dell’incolumità e della salute pubblica”.

Analisi, rilevamenti, verifiche, polemiche e diatribe che non fanno che prolungare la data (se mai ci sarà) in cui sarà possibile, per i cittadini, sapere se queste installazioni sono realmente dannose o meno per la loro salute. Anche il sindaco di Niscemi, Francesco La Rosa, ha commentato deluso: “L’unica misura che potrei prendere è quella di evacuare il paese. La verità è che nessuno qui vuole il MUOS”.

Nel mondo sono quattro le basi militari in cui sono in funzione dispositivi analoghi: una in Australia, una in Virginia, una nelle Hawaii e l’ultima, appunto, a Niscemi, dove si trova già la base Nrtf (Naval Radio Trasmitter Facility) in funzione dal 1991.

A spiegare il motivo di questa scelta logistica è stato, qualche tempo fa, l’ingegnere Paul Quintal dell’Ufficio Cooperazione della Difesa dell’Ambasciata americana: “L’Italia ha una posizione geostrategica nel Mediterraneo perché è una sorta di crocevia della civiltà occidentale, perché dall’Italia è possibile focalizzare l’attenzione sull’area sud e l’area est del nostro emisfero”. E ha aggiunto “L’Italia ospita le forze statunitensi da più di 50 anni  perché l’Italia ha capacità politiche, sociali, economiche e militari e perché ha preso impegni e stretto accordi bilaterali con l’ONU e la NATO, del resto abbiamo spostato forze dalla Germania diminuendo le nostre presenze lì, perché sono più utili in Italia”.

A chi gli chiedeva, però, come mai i dati finora rilevati mostrassero “valori che superano abbondantemente quei 6v/m imposti dalla Comunità europea e riconosciuti come limiti di legge dalla legislazione italiana”, Quintal ha risposto con un diplomatico più tardi, più tardi ci sarà tecnico che prenderà parola e risponderà a sua domanda”. Una risposta che non è mai stata data.

A rispondere, indirettamente, sono le stime condotte da alcuni ricercatori, come l’ingegner John Oetting della John Hopkins University: i limiti imposti dalla legislazione italiana sarebbero di gran lunga inferiori al valore delle emissioni degli impianti presenti nella base. Ma questo, fino a quando il panel di esperti non verrà autorizzato addentrare nell’insediamento militare, non sarà possibile affermarlo “ufficialmente”. Intanto la data per decisione finale, fissata al 3 febbraio prossimo, si avvicina sempre di più. E senza i dati dei tecnici, non si sa cosa potranno dire i giudici.

C.Alessandro Mauceri

Foto Wikipedia

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