Salute

Molti Italiani rinunciano a curarsi….

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Nessuno ne parla ma in Italia sta succedendo esattamente quello che è già successo in Grecia a causa della crisi economica e delle misure di austerity: milioni di cittadini rinunciano a curarsi perché non hanno i soldi e lo stato non paga le prestazioni sanitarie.
Ad affermarlo è il rapporto Censis-Rbm Assicurazione Salute sulla sanità in Italia presentato oggi al Welfare Day sanità: sarebbero 12,2 milioni gli italiani che, nell’ultimo anno, hanno rinunciato o rinviato prestazioni sanitarie (1,2 milioni in più rispetto all’anno precedente). Eppure i due terzi di loro sono affetti da malattie croniche, appartengono a fasce sociali a basso reddito oppure sono non autosufficienti. Ma per loro pare che lo stato non esista.
Un numero potrebbe aumentare ulteriormente nei prossimi mesi: altri 7,8 milioni di italiani per curarsi hanno dovuto utilizzare i propri risparmi o indebitarsi presso banche e istituti di credito. Nell’ultimo periodo la spesa per la sanità è salita a 35,2 miliardi di euro con un considerevole aumento nell’ultimo periodo (+4,2% tra il 2013 e il 2016). “Tanti soldi che però potrebbe essere recuperati – ha evidenziato Marco Vecchietti, consigliere delegato di RBM Assicurazione Salute – rendendo obbligatoria la sanità integrativa per tutti i cittadini, come già avvenuto in Francia, dove grazie ad un sistema di assicurazioni sociali aggiuntivo al sistema pubblico è possibile curarsi liberamente nelle strutture sanitarie che garantiscono qualità e tempi di accesso immediati”.
Anche chi riesce a curarsi, poi, non è soddisfatto dell’assistenza ricevuta: al Sud solo il 47,3% è soddisfatto dell’assistenza sanitaria ricevuta. Poco meglio al Centro (60,4%) e al Nord (tra il 70 e l’80%). Difficile dargli torto. Secondo i dati del Censis, i ritardi sono spaventosi: per una mammografia si attendono in media 122 giorni (quasi il doppio in più rispetto a tre anni fa) ma nel Mezzogiorno l’attesa arriva a 142 giorni. E così via per tutti molti altri esami anche importanti: “Per una colonscopia l’attesa media è di 93 giorni ma al Centro di giorni ce ne vogliono 109. Per una risonanza magnetica si attendono in media 80 giorni, ma al Sud sono necessari 111 giorni” ha detto Francesco Maietta, responsabile dell’Area Politiche sociali del Censis. E poi 67 giorni per una visita cardiologica (che diventano 79 giorni al Centro); 47 giorni per una visita ginecologica (ma sono 72 al Centro). “Un dato che spiega come mai continua a crescere anche la mobilità sanitaria che è passata da un costo di 3,9 miliardi nel 2015 a quota 4,3 miliardi nel 2016 e che riguarda tra i 6 e gli 8 milioni di cosiddetti ‘pendolari della sanità’”, ha detto Maietta.
Secondo il rapporto, il nostro S.S.N. è seriamente a rischio, con tutte le conseguenze del caso. Per garantire il mantenimento degli attuali standard assistenziali da parte del Sistema Sanitario del nostro Paese mancano dai 20 ai 30 miliardi di euro. Un crollo della qualità del servizio pubblico che “casualmente”, come è avvenuto per altri settori (come l’istruzione) ha avuto come conseguenza il boom della spesa sanitaria privata. È questo che ha causato il manifestarsi di queste difficoltà e l’insorgere di disuguaglianze sociali che finiscono con l’influenzare la decisione di curarsi o meno. Secondo il Rapporto Censis-Rbm il 74,5% delle persone a basso reddito e il 15,6% delle persone benestanti hanno incontrato difficoltà economiche quando sono stati costretti ad affrontare spese sanitarie private. Un problema che cresce esponenzialmente con l’età: considerando 100 la spesa sanitaria privata pro-capite degli italiani, per un anziano si arriva a 146.
Disagi che sono conseguenza delle scelte politiche fatte dagli ultimi governi: a dirlo è la Corte dei Conti che ha registrato una riduzione della spesa sanitaria pubblica italiana dell’1,1% all’anno dal 2009 al 2015. Esattamente il contrario di quanto avviene in altri paesi europei (in Francia, nello stesso periodo, la spesa sanitaria pubblica è aumentata dello 0,8% all’anno e in Germania del 2%).
Una situazione che ha fatto nascere nuove iniziative sociali: a Favara, a giorni aprirà la prima “farmacia sociale”. Un progetto sostenuto dall’Assessore alla Solidarietà sociale Rossella Carlino con l’ordine dei Farmacisti e l’ordine dei Medici della provincia di Agrigento che intende aiutare quei cittadini che hanno bisogno di cure mediche e che a volte sono nella impossibilità economica di acquistare farmaci. I cittadini meno abbienti potranno presentare una istanza al Comune di Favara chiedendo di essere inseriti nell’elenco dei beneficiari del servizio.
Un modo come un altro per mettere una pezza sui buchi del welfare, dei bilanci della sanità pubblica e delle scelte politiche di chi ha dimostrato di non avere a cuore né la salute dei propri cittadini né la Costituzione Italiana che, con l’articolo 32, tutela non solo il diritto all’integrità psico-fisica ed a vivere in un ambiente salubre, ma anche il diritto alle prestazioni sanitarie, alle cure gratuite per gli indigenti.
Un diritto che le ultime modifiche alla voce di bilancio destinata alla sanità hanno seriamente messo in pericolo.
C.Alessandro Mauceri

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