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Molestie a Palermo: parla il giudice

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“Sono state scritte delle falsità su quotidiani e on line e a queste pubblicazioni sono seguiti anche commenti molto pesanti: ci sono stati alcuni che hanno invitato a commettere atti di stalking nei confronti dei giudici sui loro profili facebook e ciò già sta avvenendo”. Interviene così a “Effetto Giorno” su Radio 24 Bruno Fasciana, giudice a Palermo e presidente del collegio che ha assolto un ex direttore dell’agenzia delle entrate del capoluogo siciliano dall’accusa di molestie dopo alcuni palpeggiamenti alle colleghe. “Sono state estratte solo alcune frasi senza inserirle in un contesto”, spiega Fasciana “Non è vero che le due signore abbiano fatto denuncia o querela. Il processo nasce nell’ambito di un’indagine a seguito di una denuncia fatta da una terza persona, sempre una donna, che lamentava di aver subito degli atti di mobbing da parte dell’imputato. Nell’indagine per mobbing si sentono tutti gli altri impiegati dell’ufficio. Queste due impiegate, nel contesto delle informazioni che stavano dando, hanno raccontato che il direttore aveva nei loro confronti comportamenti non ortodossi. L’aspetto paradossale di questa vicenda è che sono state le stesse persone offese a definire il comportamento dell’imputato come “scherzo pesante” o come “fatto non contenente una connotazione libidinosa o sessuale” e che loro stesse hanno qualificato i fatti come “scherzo di una persona immatura”. “Ma non potrebbero averlo fatto perché avevano paura?” chiede il conduttore “Il dirigente era in pensione, quindi non c’era alcun motivo di aver paura – spiega il giudice Fasciana – Dopodiché bisogna dire che non può considerarsi un buffetto sul sedere o toccare il bottoncino di una scollatura come fatto avente una connotazione sessuale. Pensi che la cassazione in una sentenza ha confermato l’assoluzione di un imputato che aveva penetrato con una chiave l’ano della compagna, perché ciò era avvenuto nell’ambito di una lite e quindi era ravvisabile un fine non sessuale, ma una finalità di umiliazione”. Fasciana spiega anche il criterio giuridico: “La valutazione di un fatto non è uguale a quella dell’opinione pubblica. Il giudice deve assolvere quando residua un dubbio ragionevole: vi possono essere tanti elementi a carico dell’accusa, ma se non viene risolto un dubbio ragionevole che potrebbe indicare l’innocenza dell’imputato il giudice deve assolvere. Certamente è una buona sentenza e mi sento tranquillissimo. Il mio dovere non è di corrispondere al consenso dell’opinione pubblica, ma di applicare la legge e la legge mi dice che se c’è un dubbio devo assolvere. In questo caso, poi, siamo al di là del dubbio perché le stesse persone hanno detto che non si tratta di atto sessuale”.

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