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La nuova creatura, solo relativamente fantascientifica, dell’infaticabile Ridley Scott ha dell’incredibile. Non tanto perché sembra il contraltare di Interstellar, complice la presenza del volitivo Matt Damon (astronauta esperto di botanica in esplorazione su Marte creduto morto e abbandonato dai pur esitanti colleghi d’equipaggio nel corso di una terribile bufera) e della tosta Jessica Chastain (a capo della sfortunata spedizione), con meno filosofia e maggiore concretezza (non vuole essere una critica al film di Nolan), bensì per la capacità di mescolare la (vera) lotta spaziale per la sopravvivenza di Apollo 13 con quella ben più terrena di Cast Away, le visioni desertico-apocalittiche di Io sono leggenda con l’ingegno conservativo di Gravity. Il tutto con equilibrio invidiabile e grande attenzione al tratteggio dei numerosi personaggi che dalla base terrestre e dall’astronave dei compagni con sensi di colpa seguono le vicende di Mark (è il nome del protagonista costretto a prolungare la sua “residenza” sul Pianeta Rosso, intento a razionare il cibo, a coltivarne di nuovo e a trovare un efficace sistema di comunicazione con la NASA).
Giusto per non dare adito a equivoci: un forte sentimento patriottico statunitense aleggia nell’opera del comunque britannico Scott (e a rigore non è nemmeno l’unica del genere all’interno della sua filmografia). Però è uno dei rari casi in cui tale elemento, sostanzialmente, non disturba, non pervade la narrazione ma rischia addirittura di arricchirla, generando uno spirito corporativo capace di avvincere la platea. Non ci sono “cattivi doppiogiochisti” né “mostri”, soltanto condizioni avverse da aggirare, problemi da considerare e risolvere, azioni di squadra da coordinare, magari dissipando i dubbi di chi prende le decisioni. In pratica, il concetto di “infallibile America” lascia il posto a un’esemplare collaborazione umana. Tra l’altro, laddove ci si adopera per salvare un singolo, si può lavorare proficuamente per soccorrere una o più comunità; o almeno così dovrebbe essere…
Da un certo punto in poi la storia prende una direzione inequivocabile, e nemmeno questo è un limite, poiché è il percorso a contare davvero. Il proliferare di imprevisti tiene con il fiato sospeso fino alla fine, la partitura di Harry Gregson-Williams sottolinea i momenti di tensione ed enfatizza quelli trionfali, il professionale montaggio di Pietro Scalia tiene distinti e (non) separati i tre luoghi principali dell’azione e la fotografia di Dariusz Wolski li identifica ulteriormente. Fra gli attori di supporto menzioniamo almeno uno Sean Bean fuori dai suoi schemi e la giovane Mackenzie Davis.

Sopravvissuto – The Martian (The Martian, USA, 2015) di Ridley Scott con Matt Damon, Jessica Chastain, Chiwetel Ejiofor, Kristen Wiig, Jeff Daniels

di Massimo Arciresi

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KKKKK
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