Cronaca

Lotta alla mafia, Di Matteo a Catania: “Politica non attacchi la magistratura, ma la sostenga”

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“Non siate indifferenti alla mafia e alla sua penetrazione nel sistema economico, politico e amministrativo dello Stato, perché molti uomini sono morti pur di combattere l’infiltrazione del fenomeno nei ranghi più alti della società. La lotta alla mafia deve essere di tutti”. Così il pm della Trattativa Stato-Mafia, Nino Di Matteo, ha parlato lunedì ai ragazzi presenti alla Sala Conferenze del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali di Catania nell’ambito della conferenza “Mafia, economia e corruzione”. Una mattinata all’insegna della legalità voluta dal Movimento Agende Rosse di Catania, in collaborazione con alcuni gruppi universitari. Di Matteo ha parlato degli intrecci tra mafia e politica non tralasciando il ruolo importante ma solitario della magistratura nella lotta alla criminalità organizzata. “La politica deve tornare ad assolvere la sua funzione primaria, ovvero combattere, denunciare, rifiutare ogni tipo di contiguità con la mafia, a prescindere dalle inchieste. Ma purtroppo i rapporti tra il crimine organizzato e la componente politica, istituzionale, giudiziaria dello Stato sono sempre più stretti. C’è un’adesione al metodo mafioso pericolosa”. Il pm si è soffermato inoltre sul problema della corruzione, da non scindere da quello mafioso: “La lotta alla mafia e alla corruzione non sono aspetti separati ma due facce della stessa medaglia. Servono leggi utili per combattere il fenomeno, a cominciare dall’inutile prescrizione del reato, che rappresenta la sconfitta dello Stato”. Poi sul finale il monito lasciato ai numerosi ragazzi accorsi alla conferenza: “Non voltate la faccia dall’altro lato, informatevi, ragionate, siate consapevoli. La mafia può essere sconfitta solo con la lotta per la verità, la legalità e la giustizia”. All’evento era presente, inoltre, l’avvocato Antonio Ingroia che ha denunciato la gravità della trattativa, unica linfa possibile alla mafia. “Bisogna cambiare classe dirigente, ceti politici e annidare nei giovani un nuovo senso di cultura politica”. Poi Ingroia rispondendo ad una domanda rivoltagli da un ragazzo sul conflitto di attribuzione sollevato da Napolitano per la distruzione della telefonata con Mancino, ha dichiarato: “Se fosse stata resa pubblica la conversazione, Napolitano avrebbe dovuto dimettersi subito”.

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