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L’Italia che arretra (nonostante le promesse del “nuovo che avanza”)

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È stata diffuso il Prosperity index per il 2015, la classifica annuale redatta dall’autorevole Legatum Institute. Scopo dello studio valutare il livello di “prosperità” in 142 paesi sulla base di 8 parametri: economia, imprenditorialità, capitale sociale, libertà personale istruzione, sanità, sicurezza e pubblica amministrazione.

Dato per scontato (ma perché deve essere così?) che l’Italia non è tra i primi posti, occupato dai soliti noti, Norvegia (prima), seguita da Svizzera, Danimarca, Nuova Zelanda e Svezia, non sono mancate le sorprese.

La prima è che, nonostante le promesse e il modo di presentare lo stato del paese da parte di chi governa, la situazione è ben diversa: l’Italia occupa la 37esima posizione. Ben lontana dalla vetta della classifica.
Ancora peggiore, ciò che emerge dal confronto delle performance dell’Italia con gli altri in gruppi. La posizione del Bel Paese peggiora se si analizza le performance dell’Italia in rapporto, ad esempio, a quelle dell’Unione europea: in questo caso l’Italia scende fino alla quintultima posizione assoluta. Stesso risultato se si confrontano i dati tra i paesi dell’OECD. Ed è addirittura penultima tra i paesi Nato (seguita solo dalla Russia).
Lo spaccato generale che risulta dalla ricerca lascia pochi dubbi: in quasi tutti i settori la situazione dell’Italia è disastrosa e, nonostante promesse e proclami, peggiora anno dopo anno. In alcuni casi le performance sono preoccupanti: per quanto riguarda la Libertà personale in Italia si sta peggio che in paesi come il Burkina Faso, il Senegal o il Cile. E l’Educazione è migliore in paesi come la Serbia, la Lituania, l’Estonia e perfino l’Ucraina, nonostante la guerra civile in corso. Per non parlare della Governance: ad esempio, in Lettonia, in Lituania e perfino in Burkina Faso il modo di gestire la cosa pubblica è migliore che nel Bel Paese.
Ma la cosa peggiore è che nonostante le promesse, gli annunci e i messaggi su Twitter, di tutti i politici e di tutti i governi che si sono succeduti negli ultimi anni, la situazione l’Italia continua a peggiorare: era 26esima nel 2009, 25esima nel 2010, 30esima nel 2011 e poi il crollo del 2014 e del 2015, quando ha fatto segnare un deludente 2015.
È così per tutti i settori analizzati. A cominciare dall’Economia: se fino al 2012 il paese occupava la 36esima posizione, oggi lo stato del paese sotto questo profilo la vede molto più in basso (è solo 45esima). Stessa cosa per molti degli altri indicatori: il dato relativo a Imprenditorialità e opportunità mostra un calo costante (37esima nel 2012, 39esima lo scorso anno e ora 41esima); anche l’Educazione è in calo (dallo scorso anno, quando era 36esima, è scesa di due posizioni fino alla 38esima); e così pure la Gestione della cosa pubblica che, secondo gli esperti, in Italia, lascia alquanto a desiderare (con il “governo del fare” si è passati dalla 39esima posizione del 2012 alla 43esima posizione). Ma il dato che più dovrebbe far pensare è quello relativo alle Libertà personali: secondo lo studio l’Italia è passata dalla 38esima posizione del 2013 alla 63esima posizione! Unico dato ad essere ragionevolmente accettabile quello relativo alla Salute: fino al 2012, gli italiani occupavano la 19esima posizione ora, sebbene ancora una volta in calo, sono al 24esimo posto (ma le novità introdotte nell’ultimo anno lasciano poche speranze per il futuro).

Ma, e questa è la cosa che dovrebbe far riflettere, con un netto calo rispetto agli anni precedenti. Segno che i sacrifici chiesti agli italiani, le imposte “imposte” a colpi di voti di fiducia e di decreti legge, in realtà, non sono serviti a niente. Salvo, forse, a dimostrare che quanti hanno gestito la cosa pubblica non hanno saputo fare il proprio lavoro.

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