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La strage di Gaeta

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Che a scrivere la storia siano da sempre i vincitori, non è una novità. E che, una volta riscritta, spesso di molti eventi si perda la memoria è altrettanto noto.

Un esempio ricade proprio in questi giorni. Il 14, 15 e 16 febbraio è l’anniversario (termine errato in quanto presuppone che ci si ricordi di questo evento) in cui, nel 1861, ebbe luogo la strage di Gaeta.

Un evento importante dato che fu ciò che scrisse definitivamente la parola fine sul Regno delle Due Sicilie. Quel giorno il Mezzogiorno perse la sua indipendenza, da stato sovrano divenne parte dell’Unità d’Italia, un eufemismo per dire che passò sotto la dominazione piemontese. La sua economia florida e culturalmente avanzata, in breve, divenne povertà. E, in pochi decenni, tutto quello che c’era di positivo al Sud (comprese le riserve auree depositate presso le banche in Campania e in Sicilia), venne trasferito al nord, prima in Piemonte e poi a Roma. Al Sud vennero lasciati degrado sociale, ingiustizia e campagne denigratorie.

E quello che non era possibile trasformare, venne cancellato dalla memoria collettiva. Proprio come la strage di Gaeta. Nel settembre 1860, Francesco II re del Regno delle Due Sicilie, partì da Napoli e per rifugiarsi a Gaeta. Il giorno dopo la camorra, pare grazie anche all’aiuto del capo della polizia, aprì le porte della città a Garibaldi (da quel giorno denominato l’eroe dei due mondi) e il 21 ottobre venne dichiarata l’annessione al Regno d’Italia. Gaeta, dove si era rifugiato il re, fu posta sotto assedio.

La violenza di questo attacco è stata rimossa dalla memoria e dai libri di storia: in novantaquattro giorni di assedio vennero sparati oltre 160.000 colpi di cannone. Un numero spaventoso oggi, incredibile per i tempi. Ma non basta. Vennero avvelenate le condotte idriche di Monte Conca, per scatenare epidemie e morte nella città assediata (e, infatti, un’epidemia di tifo colpì le truppe e la popolazione assediata). Per non parlare del fatto che gli assalitori (come è di moda oggi, ma estremamente obsoleto ai tempi) avevano attaccato senza alcuna dichiarazione di guerra.

E lo fecero con la massima efferatezza. Le tradizionali regole della cavalleria imponevano di non coinvolgere la popolazione nelle guerra. Ciò nonostante, l’esercito compì numerosi eccidi e vennero rasi al suolo interi paesi. Sui libri di storia nessuno scrive anche che tutto ciò venne fatto con l’aiuto e il benestare dell’Inghilterra e della Francia.

Nel tentativo di salvare vite umane, lutti e dolori ai soldati della guarnigione di Gaeta (ormai ridotta a 610 Ufficiali e 11916 soldati sui 22000 presenti all’inizio dell’assedio) e alla popolazione civile che vi abita, il re Francesco II diede mandato al governatore della città di negoziare la resa di Gaeta. Ma il 14, il 15 e il 16 febbraio gli assedianti continuarono a bombardare la città. Quando già sapeva della resa, il generale Enrico Cialdini ordinò di intensificare i bombardamenti e a chi gli chiedeva di fermarsi perché erano in corso le trattative per la resa rispose: “Sotto le bombe si tratta meglio”. Cronisti dell’epoca provenienti dall’estero (allora queste notizie importavano a qualcuno) riferirono che il 17 febbraio: “… si ode il fragore solitario del cannone”.

Secondo alcuni storici, tra cui Gigi Di Fiore, il bombardamento piemontese seguì sin dall’inizio un progetto ben stabilito, con azioni talora utili per l’assedio e finalizzate solo a provare l’efficacia dei nuovi cannoni a lunga gittata. Incurante dei morti civili che avrebbero causato….

Agli ufficiali e ai sottufficiali del disciolto Esercito Borbonico delle Due Sicilie vennero concesse due alternative: arruolarsi nell’Esercito Piemontese o arrendersi e consegnare le armi. Oltre 50.000 soldati vennero deportati nelle carceri piemontesi, dove morirono di stenti. I pochi scampati all’eccidio si ritirarono sulle montagne e iniziarono una lunga guerriglia nel nome di sua maestà Francesco II, che le nuove autorità definirono “brigantaggio”.

Nei libri di storia si sono perse le tracce anche della regina Maria Sofia, sorella della ben più famosa Sissi. Eppure ai tempi la regina era adorata dal suo popolo e definita coraggiosa e umanissima. Allo stesso modo nessuno parla delle ragioni economiche e dei giri di potere che furono alla base di quella che fu una delle più sanguinose stragi dimenticate dalla storia. Gli storici dimenticano di dire anche che, proprio per mettere a tacere le polemiche, venne concordato un risarcimento dovuto a Gaeta per ripagare i danni causati dall’assedio: un risarcimento, ovviamente, mai corrisposto.

“Fatti” di cui nei libri di storia non si parla. E quando lo si fa, lori riporta brevemente solo per dire che quel giorno nacque l’Italia. Forse, a vedere bene i fatti, ha ragione Di Fiore (che ha dedicato un suo libro alla strage avvenuta proprio in questi giorni qualche decennio fa) che, nel sottotitolo,  ha scritto: “L’assedio che condannò l’Italia all’unità”. Una strage di cui gli storici pagati dai vincitori hanno deciso di cancellare dalla memoria degli “italiani”.

C.Alessandro Mauceri

Foto Wikipedia

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