[dropcap size=big]D[/dropcap]iventa sempre più grave la minaccia dell’ISIS tanto che mercoledì il Presidente Obama con una lettera indirizzata al Congresso ha chiesto pieni poteri di guerra. La richiesta prevede un intervento militare limitato, ma continuo nei territori occupati dall’ISIS per un periodo massimo di tre anni. Tra le attività previste, missioni volte al recupero di personale civile e militare, attacchi ai leader dell’ISIS, attività d’intelligence e supporto alle forze alleate.
Ad oggi, l’alleanza composta da sessanta paesi ha condotto più di 2.300 attacchi aerei verso le postazioni dell’ISIS in Iraq e Siria.
La proposta così avanzata, dunque, lascia ampia manovra al Presidente. Non vi è una chiara richiesta di un’azione militare via terra ma neppure la esclude. Il Congresso, guidato dai repubblicani, sembra aver gradito la proposta del Presidente anche se piovono critiche da più parti. L’ala più estremista del partito repubblicano afferma che tale proposta restringe il campo d’azione da parte del Pentagono, mentre l’ala liberale dei Democratici teme che il coinvolgimento non sia limitato soltanto a tre anni, ma che questa iniziativa possa impantanare gli Stati Uniti ancora una volta in una guerra lunga dai costi e risvolti imprevedibili. Dal 2002, non veniva avanzata al Congresso la richiesta di poteri di guerra da parte del Presidente, da quanto il Presidente George Bush richiese il potere per attaccare l’Iraq di Saddam Hussein. La proposta di Obama farebbe decadere questa autorizzazione, mentre rimarrebbe in vigore la richiesta ottenuta nel 2001, all’indomani dell’attacco alle torri gemelle, per contrastare il terrorismo internazionale. Tale richiesta è quella che attualmente da legittimità giuridica, almeno sul piano interno all’amministrazione Obama nella lotta portata avanti fin qui contro l’ISIS. Va in ultimo ricordato che, ad oggi, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, unico organo preposto a deliberare l’uso della forza in caso di minaccia alla pace o di aggressione armata, non ha autorizzato alcun uso della forza.
La presidenza Obama dunque si trova nel momento probabilmente più delicato dei suoi due mandati. Da una parte l’avanzata dell’ISIS, e dall’altra la situazione in Ucraina con un cessate il fuoco che si regge su un fragile compromesso. Il premio nobel per la pace Obama dovrà dare dimostrazione di essere all’altezza delle sfide correnti che impongono coraggio e determinazione in una zona come il Medio Oriente in cui gli Stati Uniti sono impegnati da 14 anni e che non ha portato ad alcun risultato se non le migliaia di morti da entrambi gli schieramenti.