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La Procura chiede il sequestro degli alloggi, baraccati ma dentro le proprie case

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Non è passato inosservato agli inquirenti il consistente patrimonio immobiliare di una famiglia nomade a Savona. I beni erano intestati ai figli. Il patrimonio, secondo il sostituto procuratore Carusi, non è compatibile con le attività svolte dai genitori. L’accusa sospetta che gli introiti ottenuti per l’acquisto di un capitale del genere possano essere di origine illegale e quindi ne ha chiesto il sequestro. In sostanza l’ipotesi da cui nasce la richiesta è che la famiglia avesse un lavoro – o peggio non lo avesse – che non consentisse di poter godere di un capitale del genere. È un’iniziativa inusuale nel caso di persone che non hanno legami con la criminalità organizzata e neanche precedenti penali. I giudici del Tribunale, riunito in sessione collegiale, si sono riuniti in camera di consiglio prima di decidere il da farsi. Le parti, in udienza, hanno sostenuto le rispettive teorie con l’avvocato Mara Tagliero che difendeva i due cittadini di origine sinti ; ora si attende il verdetto dei giudici. Il ricorso alle misure di prevenzione era salito alla ribalta negli ultimi anni con riferimento particolare ad alcuni esponenti conosciuti della malavita savonese. La procura aveva chiesto il sequestro dei beni a Leonardo Paradiso, ipotizzando l’intestazione dei beni al figlio e alla moglie, per sfuggire ad eventuali controlli. Ma le misure di prevenzioni patrimoniali erano state richieste (e rigettate dal Tribunale presieduto da Giovanni Zerilli) anche per i fratelli Fotia (Sebastiano, Pietro e Donato), mentre per Antonio Fameli i giudici hanno imposto la misura personale della sorveglianza speciale per tre anni (due dei quali già trascorsi).

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