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La corruzione è l’arma più potente delle mafie

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La nuova mafia si chiama corruzione. Contamina i processi della politica, offusca il prestigio e la credibilità delle Istituzioni, avvelena e altera gravemente l’ambiente e l’economia, sottrae ingenti risorse destinate al bene della comunità, disgrega il senso civico e la stessa cultura democratica. La corruzione, dunque, è il ramo più rigoglioso del “nuovo” potere mafioso. Siamo di fronte ad una condotta plurioffensiva molto grave che reca danno all’economia e alla pubblica amministrazione. Proprio ieri il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti ha proposto – a mio giudizio giustamente – di inserire la corruzione come aggravante dell’associazione mafiosa nell’articolo 416 bis. L’intuizione è pertinente poiché questo cancro quando si incrocia con la criminalità organizzata diventa uno strumento devastante ed efficacissimo del potere mafioso consentendogli di evitare l’uso dei metodi violenti ed intimidatori. Mi sembra molto condivisibile il suo utilizzo anche in tutti quei casi in cui si dimostri che l’associazione mafiosa è stata capace di condizionare in maniera determinante le scelte della pubblica amministrazione (cfr. Mafia Capitale). La finalità delle mafie, oltre a riguardare il loro rapporto con il denaro, è diventata anche quella di influenzare le sorti del Paese. Una delle novità più rilevanti sul fronte della mafie riguarda proprio il loro insediamento al nord. Tra le condizioni di contesto che hanno consentito il radicamento delle mafie al nord vi è senza dubbio la disponibilità del mondo imprenditoriale, politico e delle professioni a entrare in rapporti di reciproca convenienza con le organizzazioni criminali. I fatti ci confermano che nei canali di collegamento tra la società civile e mafie, nessuna categoria professionale è esente: politici, forze di polizia, magistrati, avvocati, imprenditori, medici, appartenenti a livelli apicali della pubblica amministrazione. La simbiosi mafia-politica-impresa ormai è in grado di incidere anche sull’economia del nostro Paese. E’ divenuto a questo punto obbligatorio fermare questa evoluzione delle mafie e onestamente va detto che il legislatore già prevede una pluralità di strumenti per contrastare queste organizzazioni criminali soprattutto colpendo i patrimoni di origine illecita e, più in particolare, per quel che qui interessa, per contrastare le infiltrazioni mafiose nell’economia. L’aggressione ai patrimoni illecitamente acquisiti deve diventare una linea strategica fondamentale del nostro ordinamento il cui uso, associato all’aggravante della corruzione nell’art. 416 bis, potrebbe essere il mezzo più efficace nella lotta al crimine organizzato. Il problema sta tutto nell’uso, nelle modalità e nell’efficacia di questi strumenti: lo Stato vuole realmente impegnarsi in questa battaglia utilizzando questi strumenti?

di   Vincenzo Musacchio – Giurista, Direttore della Scuola di Legalità “don Peppe Diana” di Roma e del Molise

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