Giffoni: Gianmarco Saurino e il suo impegno con Amnesty “ho salvato immigrati a Melilla e pianto per loro”
L’attore al Festival tra diritti umanitari, pena di morte e violenza sulle donne “La mia morte in Doc è un omaggio ai tanti medici che hanno perso la battaglia contro il virus”
“Non posso mai dimenticare quando, sulle coste spagnole, aiutai i migranti durante uno sbarco. Ricordo che provai una sensazione inenarrabile di gioia e di commozione a Melilla, sapendo che erano sfuggiti alla morte. Ero io a piangere e non loro”. Gianmarco Saurino, volto noto di fiction popolari come Che Dio ci aiuti, Non dirlo al mio capo e Doc, a Giffoni ha raccontato per la prima volta il suo impegno nel sociale, commuovendosi ricordando i progetti svolti con Amnesty International, di cui è volto da diversi anni “Tra i tanti mali, ciò che questa tragedia umanitaria comporta è la sparizione dei volti e delle storie. Io ricordo i loro nomi, le loro facce. Gli “Invisibili” sono loro, quelli che non hanno diritti. Essere attore vuol dire anche essere al servizio della Polis”. Attore anche teatrale, con una forte spinta verso il sociale, Saurino ha espresso grande felicità nell’aver potuto interpretare a Teatro anche un testo quale “Ultimi giorni di un condannato a morte” di Victor Hugo, che condanna la pena di morte.
Conosciuto dal grande pubblico per i suoi ruoli televisivi, anche per queste esperienze ha sottolineato l’importanza collettiva di fiction come ‘Doc – Nelle tue mani’ “E’ stato schizofrenico raccontare il Covid in tempo reale, ci si sente investiti di una responsabilità che abbiamo scelto di sposare. Tutti i ruoli che si interpretano consegnano qualcosa. Il personaggio di Lorenzo è molto protettivo, come sono io. Proteggere qualcuno ti fa sempre stare meglio. E difendo la scelta di farlo morire, è stato un modo per omaggiare i tanti professionisti e le persone che hanno perso la loro battaglia contro questo terribile virus“. A proposito della prima fiction che lo ha reso noto invece ha detto: “Devo tutto a ‘Che Dio ci aiuti’, il ruolo di Nicodemo Santopaolo mi ha dato la fama ed è stata un’esperienza molto formativa – racconta. Sarò sempre grato al regista Stefano Vicario, un Maestro, che ha compreso tutta l’energia che avevo dentro e mi ha aiutato a trasmetterla con giusto metodo. Vivere quel set per me ha significato davvero imparare a girare”. Spettatore onnivoro di cinema e televisione, per i suoi personaggi preferisce cambiare quando ne sente il momento, consapevole del rischio sempre dietro l’angolo per un attore di restare imbrigliato in un ruolo e in un personaggio: “I personaggi sono vivi fino a che cambiano dai ruoli che raccontano quelli che soffrono“. E sul mestiere dell’attore ha aggiunto: “L’artista prende forma e potenza quando agisce. Occorre sempre sperimentare senza dimenticarsi da dove si è venuti e delle proprie radici”. Infine, prima di ricevere l’Expolosive Talent Award, ha voluto dare spazio ad una riflessione sulla violenza contro le donne “Occorre insegnare agli uomini a rispettare tutte le donne, a non attaccare né ferirle. Su questo si gioca il futuro dell’umanità“.
Com. Stam./foto