Apertura

Difesa e sicurezza – il giubbotto antiproiettile

• Bookmarks: 1


Dopo i recenti attentati terroristici di stampo islamico integralista di Parigi, l’Europa sembra essersi risvegliata da un lungo sonno; l’incubo da lungo tempo paventato dagli esperti analisti che operano in ambito di Security & Defence è diventato improvvisamente una tragica realtà.
Una delle tante criticità individuata nel contesto della difesa da attentati terroristici, perpetrati con l’impiego di armi da fuoco, riguarda l’addestramento e la capacità di risposta delle nostre Forze dell’Ordine per contrastare efficacemente tali gravi circostanze, sicuramente non adeguata (a parere di chi scrive) alla pericolosità e alla determinazione mostrata dai seguaci del Califfato Islamico, animati anche da una “vocazione al martirio” che amplifica in modo esponenziale la loro “capacità offensiva”.
In un simile contesto non può sottacersi la grande importanza che rivestono i “dispositivi di protezione personale” di cui sono dotati i nostri Operatori di Polizia, ovvero i c.d. “GAP”, acronimo di Giubbotto Anti Proiettile; ma cos’è e come è fatto un GAP? Proviamo a dare qualche elementare informazione di ordine tecnico che possa aiutare a comprendere chi, in questo momento, vorrebbe saperne di più su tali dispositivi, anche in virtù delle recentissime polemiche sollevate da più parti sull’inadeguatezza del materiale attualmente in uso a chi cerca di garantire la sicurezza sulle strade delle nostre città, con particolare riferimento agli “obiettivi sensibili” (sedi istituzionali, ambasciate, etc.) e, comunque, luoghi affollati ove vi sia frequente e ampia adunanza di persone.
La sperimentazione di una protezione in grado di garantire l’incolumità di una persona colpita da un proiettile, affonda le sue radici in un passato non recente e nasce, come spesso accade in questi casi, per esigenze legate ad attività ed impieghi elettivamente militari.
Il salto di qualità si materializza attorno l’anno 1965 con la realizzazione di una c.d. “fibra sintetica aramidica” (polimerica) ad opera di Stephanie Kwolek, una ricercatrice della “DuPont”, un’azienda chimica di nazionalità statunitense, a cui venne dato il nome commerciale di Kevlar, fibra che ancora oggi, con piccole modifiche di natura strutturale, non “chimico-elementale”, costituisce la base e l’“anima” dei GAP attualmente in produzione.
Tale fibra è caratterizzate da una grande resistenza alla trazione, paragonabile a quella delle fibre di carbonio e circa dieci volte superiore a quella dell’acciaio, da un basso peso specifico e soprattutto da un’elevata resistenza a taglio e all’impatto di corpi solidi animati de notevole energia cinetica, che la rende quindi particolarmente adatta a realizzare dei giubbotti antiproiettile.
Per contro, le fibre aramidiche sono fortemente igroscopiche (assorbono facilmente l’acqua) e tendono a perdere resistenza in funzione di vari fattori, come ad esempio le variazioni di PH (fattore di equilibrio acido-basico) e le radiazioni UV (raggi solari), per cui devono essere adeguatamente protette o eventualmente applicate in combinazione con altri tipi di fibre (rinforzi ibridi).
I GAP vengono classificati in base alla loro capacità di resistere alla penetrazione di proiettili provenienti da munizioni appartenenti a fasce di potenza via via più alte: dal 22 Long Rifle, al 7,65 mm, al 38 Special, al 9 mm. Parabellum fino a giungere a cartucce di potenza esasperata come il 44 Magnum e oltre; per poter opporsi alla penetrazione di proiettili animati da elevata energia cinetica e capacità di penetrazione, come quelli sparati da fucili d’assalto tipo Kakashnikov e derivati, calibro 7,62 x 39, o anche un 5,56 x 45 NATO, ad esempio sparato da un fucile d’assalto come il Beretta ARX 160, da poco in distribuzione al nostro esercito, è necessario dotare i GAP di “piastre aggiuntive” che ne incrementino notevolmente la resistenza.
Dette piastre sono fabbricate oggi utilizzando materiali ben più leggeri dell’acciaio balistico, come ad esempio piastre realizzate in ceramica al carburo di boro o carburo di silicio, o anche plastici, come il poliuretano ultrauretanico ad alta densità.
Riguardo il problema dell’omologazione, i GAP devono essere certificati facendo fede agli standard stabiliti dal “National Institute of Justice” che ha sede in U.S.A., che prevede vari “livelli” in funzione della
resistenza a distinte “fasce di potenza” in cui ricadono le più comuni munizioni per impieghi in armi civili e belliche, questa l’attuale classificazione:
Level I: questa protezione può fermare proiettili calibro .22 LR ad una velocità di 329 m/s (metri al secondo) e proiettili calibro .380 ACP ad una velocità di circa 322 m/s; oggi è praticamente considerata fuori dagli standard in quanto troppo poco resistente.
Level IIA: idonea a fermare proiettili 9 x 19 mm. Parabellum ad una velocità di circa 370 m/s e proiettili calibro .40 Smith & Wesson ad una velocità di circa 325 m/s.
Level II: protegge da proiettili 9 mm FMJ ad alta velocità, 398 m/s e proiettili calibro .357 Magnum a velocità di circa 436 m/s.
Level IIIA: atta a fermare proiettili calibro .357 SIG a velocità di 448 m/s e proiettili calibro .44 Magnum fino a velocità prossime a 436 m/s.
Level III: protegge da proiettili 7,62 x 51mm NATO fino a una velocità prossima a 850 m/s.
Level IV: deve resistere a proiettili di tipo perforante calibro .30-06 Springfield Armor Piercing (calibro 7,62 x 63) sparati a velocità di circa 880 m/s.
La normativa a cui, prima poi, dovranno adeguarsi tutti i produttori che intendono commercializzare i loro GAP in Europa è rappresentata dallo standard ISO/DIS 14876 (o EN.1063).
Vediamo adesso nei particolari, con l’ausilio di alcune immagini, come è costituito un GAP, adatto anche ad essere indossato sotto gli abiti (undercover), Level IIIA, le cui piastre protettive, particolarmente confortevoli in virtù della loro flessibilità, sono costituite da 24 strati di una fibra aramidica il cui nome commerciale è “Goldflex ™”, sottoposto a collaudo sparando da una distanza di 5 metri secondo traiettorie ortogonali con varie armi corte fino alla classe del 357 Magnum, anche di tipo Metal Piercing, sul “vest” in cotone di colore bianco si notano i fori dei proiettili giunti a bersaglio e perfettamente trattenuti dalla protezione antibalistica.

Figura 1 – GAP Livello IIIA sottoposto a collaudo, il fissaggio del dispositivo è assicurato da stringhe elastiche in velcro; si osservano chiaramente i fori d’entrata dei proiettile rimasti indovati entro la piastra di protezione anteriore (pettorale) .

Vediamo adesso come sono strutturate le piastre protettive flessibili all’interno del GAP.

Figura 2 – le due piastre antibalistiche sono sigillate entro una protezione esterna in materiale plastico impermeabile, per isolare la fibra aramidica dall’umidità e dall’azione fotodegradante dei raggi UV; l’etichetta su ciascuna delle due piastre (anteriore e posteriore) riporta la certificazione del produttore e la classificazione secondo lo standard NIJ.

Figura 3 – vista frontale del “sandwich” che costituisce la piastra protettiva anteriore, privata della protezione in materiale plastico di colore nero, si osservano abbastanza chiaramente i fori d’ingresso dei vari proiettili (di calibro compreso tra 9 mm. e 45 Auto) trattenuti nei primi strati della piastra costituita da 24 strati di “Goldflex ™”, resi solidali da una doppia cucitura lungo il perimetro; nessuno dei proiettili utilizzati per il test è riuscito a trapassare la piastra raffigurata in immagine.

Procedendo a una sorta di “autopsia” della piastra, i vari proiettili test sono stati estratti, ecco il risultato della deformazione plastica subita da un proiettile 357 Magnum di tipo Metal Piercing di produzione “Ge.Co.™” di fabbricazione tedesca, arrivato sulla protezione antibalistica ad una velocità di 384 m/s.

Figura 4 – macrofotografia di un proiettile calibro 357 Magnum sparato con un revolver in direzione della piastra antibalistica anteriore del GAP, proveniente da una cartuccia di produzione tedesca marca “Ge.Co.™”; la notevole capacità di penetrazione di questo tipo di proiettile è stata praticamente annullata dalla resistenza opposta dalla piastra antibalistica, davvero notevole la deformazione subita dal proiettile, con ogiva a morfologia conica e ricoperto da una camiciatura in acciaio dolce (non si tratta di un proiettile “perforante” il cui impiego è vietato dalla legge che regolamenta la materia).

Come già accennato in precedenza, è doveroso precisare, a chiare lettere, che i giubbotti antiproiettile concepiti per usi di Polizia, nel contesto dei normali servizi, non dispongono di protezioni aggiuntive in grado di assicurare una protezione efficace contro proiettili tipicamente impiegati in fucili d’assalto, ad esempio il 7,62 x 39 del Kalashnikov AK47 o il 5,45 x 39 del succedaneo AK74 e derivati; i GAP con livello di protezione più elevato sono normalmente distribuiti solo alle Forze Speciali d’intervento (NOCS, GIS, ed altri Corpi Speciali che operano in ambito prettamente militare).
Un parametro da tenere in particolare considerazione è costituito dalla “scadenza” che viene indicata da ogni produttore per una determinata tipologia, e classe, di ogni GAP, generalmente non superiore a 5 anni.
Ciò in quanto qualsiasi materiale polimerico va incontro a fenomeni di degrado, e conseguente perdita delle sue caratteristiche, anche se perfettamente conservato.
Generalmente si tende a sottoporre a collaudo i dispositivi di protezione personale, che possono continuare ad adoperare anche oltre il termine di scadenza solo se dimostrano di avere mantenuto le loro caratteristiche originali, tuttavia dovrebbero ragionevolmente essere “declassati” a un livello di protezione inferiore, in quanto fuori dal periodo di garanzia indicato dal produttore.
Non può sottacersi, inoltre, che detti controlli vengono solitamente effettuati su materiale giacente in magazzino, conservato in condizioni ideali, che non riflette, quindi, l’effettivo stato d’uso di giubbotti antiproiettile che per anni sono stati indossati dagli Operatori, non tenendo conto di fattori di degrado importanti come le continue escursioni termiche (si pensi alle differenze tra una rigida giornata invernale e una giornata estiva dove, invece, i GAP subiscono l’esposizione a temperature che non di rado superano quella corporea degli stessi Operatori che l’indossano durante le ore di servizio).
Molto ci sarebbe da dire sull’attuale livello tecnologico dei GAP, sui limiti della loro capacità di resistenza alla penetrazione e su altri parametri funzionali, ma non è certo questa la sede per approfondimenti che occuperebbero spazi ben più ampi.
Il quadro delineato da questa succinta analisi non è certo confortante, la curatela della vita di chi è preposto a difendere i cittadini e gli stessi “uomini delle Istituzioni” non può certamente essere considerata un “optional”, bensì una priorità assoluta.

di Gianfranco Guccia

Perito Balistico Consulente Tecnico dell’Autorità Giudiziaria

KKKKK
554 views
bookmark icon
WP2Social Auto Publish Powered By : XYZScripts.com