La tassa che i notai pagano al proprio ordine professionale potrà pure essere progressiva, rapportata al reddito, anche se la norma parla di generica proporzionalità. E’ in questo senso il parere reso recentemente dal Consiglio di Stato.
Ecco i fatti. Il Consiglio notarile di Brescia faceva pagare ai notai iscritti la tassa annuale per il suo funzionamento con una progressività a scaglioni dall’1 al 4%, sulla base dell’importo degli onorari perepiti da ciascun professionista. Con l’aumento dell’attività professionale, aumentava ovviamente anche il contributo all’ordine. Un notaio però aveva chiesto una modifica della disposizione perché le norme relative che regolano la materia, cioè gli articoli 93 della legge 89 del 1913 e 14 del regio decreto legge 1324 del 1923, parlano di tassazione proporzionale, non progressiva. Per il Consiglio di Stato però, al quale è finita la vicenda, la proporzionalità prevista dalla normativa notarile va interpretata secondo il principio costituzionale di solidarietà, di cui i consigli notarili devono tener conto in sede di definizione della tassa annuale, per cui va chiesto di più a chi è in condizione di dare di più perché ha un reddito più elevato, anche se i servizi resi dall’ordine professionale agli iscritti sono uguali per tutti. Perciò il concetto di proporzionalità della legge notarile può essere interpretato come contribuzione alle spese di funzionamento del consiglio notarile in proporzione all’aumentare delle possibilità economiche degli iscritti. Ciò detto, proseguono i giudici amministrativi, non rileva che ci possa anche essere un diverso trattamento per i notai a seconda del collegio di appartenenza, poiché ogni collegio per specifiche esigenze di bilancio interno potrà valutare di volta in volta il criterio da adottare per il calcolo della tassa.
Ciro Cardinale
CS