Colangite biliare primitiva, 18mila pazienti in Italia: diseguaglianze tra Regioni. Serve un network assistenziale
L’associato di gastroenterologia dell’Università di Palermo Vincenza Calvaruso: “Difficile la diagnosi nello stadio iniziale dunque esiste un sommerso potenzialmente enorme”
Nasce la Liver Academy – PBC Chapter: un percorso per migliorare le competenze dei giovani specializzandi sulla patologia, rara e autoimmune, che colpisce in modo cronico il fegato
PALERMO – La colangite biliare primitiva è una malattia del fegato, rara, autoimmune e cronica, interessa i piccoli dotti biliari e colpisce oggi circa 18mila italiani, perlopiù donne tra 40 e 60 anni, con un sommerso potenzialmente fino a 100 volte superiore alle diagnosi. “Una delle maggiori difficoltà è nella sua scoperta perché all’inizio presenta sintomi molto lievi (prurito, fatigue, secchezza della bocca e degli occhi) – spiega Vincenza Calvaruso, associato di Gastroenterologia, Dip. Promozione della Salute, Materno Infantile, Medicina Interna e Specialistica di Eccellenza G. D’Alessandro (PROMISE) dell’Università di Palermo – solo dopo la rilevazione degli anticorpi anti-mitocondriali (AMA) nel sangue è possibile esserne certi. Ecco perché l’individuazione di precisi percorsi diagnostico-terapeutici, la stratificazione del rischio di malattia e il riconoscimento di nuove strategie terapeutiche possono identificare il sommerso e consentire una più efficiente presa in carico del paziente”. Negli ultimi anni importanti progressi nella cura: “Grazie a trattamenti di seconda linea, come l’acido obeticolico e altri farmaci – evidenzia Domenico Alvaro, preside di Medicina e Odontoiatria e direttore UOC Gastroenterologia La Sapienza di Roma – ora siamo in grado di limitare la progressione nell’80% dei pazienti. Ci sono però ancora diverse difficoltà a cui dobbiamo far fronte come l’identificazione dei casi sommersi per gestire la malattia sin dalle prime fasi e un’adeguata e specifica valutazione delle patologie non epatiche associate, come per esempio l’osteoporosi”. Ricerca clinica, trattamenti, nuovi dati scientifici sulla PBC, gestione integrata del paziente tra domicilio, casa della comunità, ospedale della comunità e centro di riferimento saranno oggetto di approfondimento in occasione dei summit di specialisti realizzati con il supporto non condizionato di Intercept, sia a livello nazionale che internazionale, tra cui il PBC Day e il Global Innovation Summit, dove si discuterà anche della necessità di un network assistenziale territoriale che rappresenti una vera alternativa all’ospedale e sia accessibile a tutti. “Bisogna superare le disuguaglianze regionali, ancora presenti – sottolinea Ignazio Grattagliano, coordinatore SIMG Puglia – l’Italia per la prima volta ha deciso di raccogliere questa sfida, con l’obiettivo di allinearsi agli standard degli altri paesi, grazie anche ai nuovi modelli per l’assistenza sanitaria territoriale definiti dal DM 71”. Un’altra significativa novità è la nascita di Liver Academy – PBC Chapter, progetto di formazione per specializzandi di gastroenterologia e medicina interna: “Ha l’obiettivo di colmare il gap relativo alla conoscenza della PBC – conclude la prof.ssa Calvaruso – formare le nuove generazioni di medici e far crescere nuovi esperti nella gestione della patologia” – . Intercept Italia conferma il suo impegno nelle malattie croniche del fegato: “Un’area terapeutica in cui tanto è stato fatto – evidenzia l’AD e general manager Barbara Marini – ma molto resta ancora da fare. Ne sono testimonianza i progetti, tra cui il PBC Day giunto ormai alla 6° edizione, a cui è stato affiancato la Liver Academy – PBC Chapter”.
Nella foto: la prof.ssa Vincenza Calvaruso; l’incontro sulla malattia nella Sala Stampa nazionale a Milano.
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