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Cambiano le società partecipate “nuovo che avanza”

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Il governo Renzi continua imperterrito la propria strada verso lo stravolgimento di tutto ciò che gli capita davanti. E nel farlo non intende ascoltare il parere di nessuno: neanche quello delle due Camere del Parlamento. L’ultima dimostrazione di ciò, si è avuta nelle scorse settimane. Il Consiglio dei Ministri ha approvato con un decreto legislativo i due testi unici che riguardano la gestione delle società partecipate e il sistema dei servizi. “Del testo unico sui servizi pubblici si parla da 25 anni, di quello in materia di società partecipate, da un decennio” ha detto Roberto Camporesi dello studio Boldrini di Rimini. Norme attese da decenni e che, quindi, avrebbero potuto seguire il percorso ordinario. Invece, il “nuovo che avanza” ha pensato fosse inutile attendere anche il parere dell’Anci (tra i principali interessati dalle nuove norme) e perfino quello delle Commissioni Parlamentari (obbligatorio ma non vincolante…) Cancellando tutto ciò che significa “democrazia”, lo scorso 20 gennaio il Consiglio dei Ministri (ma, stranamente, i giornali non ne hanno parlato) ha approvato in via preliminare il decreto legislativo denominato “Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica”. Una norma che ha come oggetto la riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche e la razionalizzazione delle partecipate. Il tutto con una tempistica bruciante: entro 6 mesi dalla pubblicazione del testo in gazzetta ufficiale, le amministrazioni dovranno effettuare una ricognizione e individuare quelle che devono essere eliminate entro un anno; e entro un anno dovranno provvedere alla razionalizzazione periodica (annuale) delle partecipazioni pubbliche. Una fretta immotivata che ha lasciato senza parole anche gli ordini professionali (primo fra tutti quello dei dottori commercialisti). Per questo la Cisl di Palermo, nei giorni scorsi, ha dedicato a questo tema una giornata di studi: “Il loro arrivo cambierà tante carte in tavola”. Un cambiamento che non richiederà neanche l’approvazione dell’Assemblea regionale. “I due testi – ha detto il Dott. Riccardo Compagnino, esperto di contabilità pubblica e consulente Cisl – si applicheranno anche alla Sicilia che è solo chiamata a verificarne la compatibilità con le norme regionali. Non è necessario un recepimento in senso stretto. Solo una verifica di compatibilità che però riteniamo sia stata fatta a monte, dato che la delibera del governo nazionale arriva dopo il confronto in sede di conferenza Stato-Regioni”. Fatto questo che rende ancora più sorprendente e inspiegabile la fratta del governo. A breve anche la Sicilia dovrà adeguarsi alle nuove norme riguardanti gli ambiti entro cui svolgere i servizi pubblici e riorganizzare le società Partecipate cui sono stati delegati servizi essenziali, “pena lo scioglimento delle società”. Una vera e propria rivoluzione dato che moltissimi dei principali servizi di comuni e regioni sono gestiti proprio da società partecipate (SpA o Srl). Dai trasporti urbani alla raccolta e al trattamento dei rifiuti, dal trattamento delle acque potabili alla gestione delle acque reflue e molte altre. D’ora in poi, tutto dovrà essere controllato a distanza e monitorato dal Mef che dovrà istituire un organo di vigilanza “accessibile anche in via telematica” di tutte le partecipate esistenti; dovrà anche verificare il rispetto degli atti di chiusura delle partecipate non più idonee tramite segnalazioni periodiche, ma ha anche il compito di controllare l’attuazione del decreto. Non solo, ma, nel caso in cui un ente (un comune, ad esempio) volesse acquisire una nuova partecipazione societaria, prima dovrà sottoporre lo schema dell’atto a forme di consultazione pubblica e inviarlo alla Corte dei Conti che potrà formulare rilievi o richieste di chiarimenti (articolo 5). E non basta. L’articolo 20 della nuova norma prevede il controllo periodico, con un meccanismo di regulatory review, da parte delle amministrazioni sull’assetto sulle società di cui detengono partecipazioni sia dirette che indirette, predisponendo, se necessario, un piano di riassetto che potrebbe comportare la fusione o la soppressione delle società stesse o anche la messa in liquidazione o la cessione. Una vera e propria rivoluzione per la quale la maggior parte dei comuni potrebbero non essere ancora pronti. Modifiche, queste e molte altre ancora, che mettono in dubbio la stessa governance delle partecipate creando confusione tra indirizzo politico e gestione amministrativa. Numerose le osservazioni sollevate dall’Associazione dei comuni, l’Anci. Pur accettando la norma, sono state richieste molte modifiche (a volte sostanziali) da introdurre quando la norma verrà discussa in Parlamento. Sempre che il governo consenta ai parlamentari di discuterla e non imponga, come ormai pare fare sempre più frequentemente, la fiducia. Modifiche che riguardano la trasparenza, ad esempio: sarebbe utile, secondo l’Anci, dare ai piccoli Comuni la possibilità di redigere il Piano per la prevenzione della corruzione in forma associata. E per ciò che riguarda i servizi pubblici locali, sono state rilevate diverse “criticità sostanziali” (un termine eufemistico per dire che il governo ha sbagliato?) riguardanti le procedure di individuazione delle attività di interesse generale e l’ assunzione e gestione dei servizi nonché alla scelta del modello di gestione dell’in house providing. Ma non basta. La disciplina del trasporto pubblico locale, mancherebbe di diversi punti essenziali: dalla stabilizzazione del Fondo nazionale per il TPL all’attribuzione di misure di premialità volte a favorire le Regioni che destinano una quota del fondo loro spettante al trasporto pubblico su gomma e l’attribuzione di una parte del fondo TPL, direttamente alle Città Metropolitane. E sempre a proposito dei piani urbani sulla mobilità sostenibile, sono state espresse perplessità in merito alla tempistica della procedura di approvazione. Ma se si passa dalla teoria alla pratica, la situazione peggiora: la norma imposta dal “nuovo che avanza” rischia bloccare il funzionamento di Regioni, Liberi consorzi, Comuni e, soprattutto, delle centinaia di partecipate controllate dal sistema delle autonomie locali. Secondo la Cisl (tra le poche associazioni a lanciare l’allarme), i due testi unici “avranno un impatto decisivo su assetti istituzionali e distribuzione del personale”. Per questo, “La Regione deve far presto ad attrezzarsi”, ha detto Mimmo Milazzo, segretario regionale della Cisl. E cosa accadrà alle amministrazioni locali che non faranno in tempo ad adeguarsi e ad effettuare i cambiamenti imposti dal governo? Chi non lo farà, rischierà il commissariamento di questi servizi (cosa che accentrerà sempre di più i poteri e cancellerà quel poco di democrazia che ancora restava nel paese). Ma non basta, la norma voluta dal “nuovo che avanza” ha previsto che gli amministratori delle partecipate siano soggetti alla legislazione del giudice ordinario “salvo il caso di danno erariale”, ovvero quello subito dagli enti partecipanti. In altre parole, i magistrati contabili potranno chiedere al gestore riconosciuto incapace di fornire i servizi richiesti, di risarcire le finanze pubbliche per i danni causati. Una novità che inevitabilmente creerà un altro problema: quello di trovare amministratori che accettino di gestire società per le quali essere efficaci ed efficienti per queste società è praticamente impossibile.

di    C.Alessandro Mauceri

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