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Addio a Monica Vitti. ITsART omaggia l’indimenticabile musa di Antonioni con Monica Vitti

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L’attrice che visse due volte, un documentario-intervista in cui trapela l’anima di una donna che ha segnato la storia del cinema

Si è spenta all’età di 90 anni Monica Vitti, diva del cinema italiano nel mondo e musa di Michelangelo Antonioni.  Protagonista di film che hanno fatto la storia e doppiatrice di giganti come Pasolini, Fellini e, ancora, Antonioni, le sue interpretazioni nella “Tetralogia dell’incomunicabilità” o in Io so che tu sai che io so, diretto e interpretato da Alberto Sordi, sono gemme di rara bellezza destinate a consacrarla nel gotha degli intramontabili.

ITsART rende omaggio all’indimenticabile artista e, come ricorda la sceneggiatrice Suso Cecchi D’Amico, una delle rare attrici comiche di successo, con un documentario-intervista in esclusiva sulla piattaforma, realizzato da Ciak 2000 e diretto da Donatella Baglivo: Monica Vitti – L’attrice che nacque due volte, disponibile al link: Monica Vitti (itsart.tv)

Con lo scorrere dei fotogrammi, dalla grana analogica e dai colori rétro, traspare il grande valore storico del documentario girato nella seconda metà degli anni ’90, una delle ultime lunghe interviste rilasciate dall’attrice che svela con la sua viva voce le mille sfumature di una grande donna.  

Monica era un’attrice incapace di mentire, una donna contraddittoria, a tratti paradossale, ma proprio per questo, unica. La sua prima performance avvenne a Roma, dove approdò dopo il trasferimento dalla Sicilia a Napoli. Ogni sua tappa fu caratterizzata dai bombardamenti, ma fu allora che, in uno scantinato, avvenne la magia: il fratello le costruì un teatrino con le scatole da imballaggio, ricorda lei, e, dipinte le mani con occhi e baffi, si accese la scintilla.

Monica si potrebbe definire una ribelle, figlia di un’infanzia dove essere considerata “la femminuccia” e per di più non essere “la più bella della famiglia”, divenne la molla che la spinse ad esprimere le doti comiche ereditate dalla madre per guadagnare il centro dell’attenzione. 

Ma era anche un’antesignana della body positivity: non le importava del suo fisico secco, del viso con tante “lenticchie”, di quel naso che avrebbero voluto cambiare, di quella fisionomia definita inadatta al cinema. Dentro Monica ardeva il sacro fuoco del talento. Non diede retta nemmeno a sua madre, quando le disse che si sarebbe ammazzata piuttosto che vederla lavorare nella polvere del palcoscenico, le cui tavole “corrodono anima e corpo”. Eppure, un giorno, al doppiaggio, un uomo notò una donna “vestita di nero, con gli occhiali, senza trucco, i capelli raccolti: praticamente una suora” racconta Monica in un’intervista a L’Unità, nel 1995. “Che bella nuca” le disse. Era Michelangelo Antonioni, un legame indiscusso che si riversò anche nella vita sentimentale di quella che sarebbe diventata una delle più grandi interpreti che oggi si studiano nelle università di cinema.

Camaleontica e straordinariamente versatile, Monica donò alla storia del cinema le mille sfumature del femmineo, dall’alienazione delle protagoniste di L’avventura, La notteL’eclisse e Deserto rosso,allacomicità della commedia all’italiana, grazie al genio di Monicelli che nel ’68 fece di lei La ragazza con la pistola, fino a diventare l’unica donna al fianco di Alberto Sordi, Ugo Tognazzi, Vittorio Gassman e Nino Manfredi. Ma fu proprio con il film di Monicelli che Monica rivelò finalmente al mondo intero di avere tutte le carte in regola per i ruoli brillanti. Fu allora, infatti, che cominciò per lei una seconda vita artistica di grande popolarità. Nel 1969 nasce, con Amore mio aiutami, la coppia Vitti-Sordi: è lo stesso Alberto Sordi a dirigerla, in un’atmosfera di spumeggiante giocosità. Il temperamento che mostra in Dramma della gelosia (1970) di Ettore Scola (accanto a Marcello Mastroianni e Giancarlo Giannini), nonché in Ninì Tirabusciò, la donna che inventò la mossa (1970), per cui vinse il terzo David di Donatello, la fece imporre come vera primadonna del cinema italiano. La commedia all’italiana non può fare a meno di lei, così ironica nel tratteggiare ruoli sempre più borghesi: grande è il successo per la folgorante accoppiata con Tognazzi ne L’anatra all’arancia (1975) di Luciano Salce, e per Amori miei (1978) di Steno, che le porta ancora un David. Ritorna più avanti a teatro, riscuotendo un successo strepitoso con La strana coppia, un lavoro tutto al femminile, con la regia di Franca Valeri, dove recita in tandem con Rossella Falk: tre anni di repliche dimostrano di come anche le donne sanno far ridere “fino alle lacrime”. Ulteriori stimoli Monica li ha trovati nell’amore con Roberto Russo, con cui ha anche instaurato una proficua collaborazione artistica. Segue il progetto del raffinato Flirt (1983), diretto dal suo compagno e scritto da entrambi. Il sodalizio si riconferma col meno fortunato Francesca è mia (1986). Del 1990 è il suo debutto alla regia con Scandalo segreto, descritto come “un’esperienza bellissima che non farò mai più” perché troppo stressante e carica di responsabilità. Nella piena maturità, è alla scrittura che la Vitti ha affidato il ruolo di veicolo per viaggiare dentro di sé. Il suo primo libro, Sette Sottane, è un’arguta riscoperta autobiografica.

Oggi più che mai, in un momento così difficile per il settore dello spettacolo, le parole d’amore di Monica nei confronti del cinema si fanno memento ai posteri, perché il cinema andrebbe riscoperto come luogo di magica condivisione di tante esperienze: perché se è più comodo godersi un film a casa da soli o con qualche amico, è ben altra cosa condividere anche solo una risata con chi magari non conosciamo, ma con cui abbiamo tanto in comune. “Pensate che cosa succederà negli anni che verranno” diceva negli anni ’90, “quante scoperte tecniche e di racconto ci saranno. Io c’ho un’invidia per quelli che faranno il cinema dell’avvenire perché noi abbiamo avuto la fortuna di aver già visto tanti cambiamenti.”

E nel documentario della Baglivo non esita a mettersi a nudo, confessando il suo terrore, in primis per “il contrario della vita, prima di tutto la morte, poi il non amore. Non amare deve essere brutto come la morte. Io non invidio chi non ama…è un pazzo che rinuncia alla cosa più nutriente.” Riflette su come possa esistere un’altra vita, forse reincarnandosi “ma non in una donna di nuovo, vorrei scegliere di fare una vita nuova e diversa, magari, perché no, in un cavallo”.

Da piccola la chiamavano “smemoratella”. Un presagio, forse: Monica era uscita di scena da oltre 20 anni vissuti insieme al marito Roberto Russo, anni che per un beffardo scherzo del destino, avevano visto i suoi ricordi dissolversi a causa della malattia. Monica Vitti – L’attrice che nacque due volte, li raccoglie facendoli rivivere attraverso la sua testimonianza: “Mi sembrava che rappresentarmi mi dava la possibilità di vivere più vite, anche… bello scherzo”.

Il documentario sarà fruibile dall’Italia tramite PC, MAC, Smartphone e Tablet. È possibile scaricare l’applicazione ITsART dagli Store ufficiali di Android, iOS, Android TV, Google TV, oppure dagli Store delle principali marche delle Smart TV (è possibile visualizzare i dettagli sulla compatibilità dei dispositivi nelle FAQ visitando la sezione “Assistenza” del nostro sito web). Per vedere il contenuto basterà registrarsi gratuitamente al sito www.itsart.tv, entrare nel catalogo, scegliere il titolo e completare l’ordine con il metodo di pagamento preferito tra Carta di credito, PayPal o il Saldo caricato sul profilo ITsART. I pagamenti sono protetti dalla PSD2.

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Com. Stam.

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