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Piuma ~ L’insostenibile leggerezza del crescere

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Ferro (Luigi Fedele) e Cate (Blu Yoshimi) sono due adolescenti comuni. Stanno insieme, si preparano alla maturità e al successivo viaggio con i compagni di scuola. Lei è rimasta incinta e, reduce da un aborto, stavolta intende tenere il bambino, di concerto con l’innamorato e altrettanto incosciente fidanzatino. È l’opinione di chiunque li circondi: mettere al mondo un bebè è impegnativo, e le condizioni in cui i ragazzi vivono non sono affatto invitanti. Uno ha continui contrasti con il padre (Sergio Pierattini), che vorrebbe solo vendere l’appartamento romano per tornarsene a vivere nelle campagne della natia Toscana, desiderio che la relativamente remissiva moglie (Michela Cescon) non riesce ad attutire; l’altra lavoricchia in un centro scommesse nel quale l’abissalmente immaturo papà (Francesco Colella), che convive con la brusca Francesca Antonelli da quando la consorte rumena l’ha piantato,  fa l’inserviente. E se la mossa migliore fosse portare a termine la gravidanza e affidare la bimba (si sa che è femmina) a una famiglia che possa non solo amarla, bensì offrirle di più?

Senza discostarsi troppo nello stile dai precedenti I primi della lista e Fino a qui tutto bene, la nuova fatica dell’anglo-pisano Johnson – nata intorno alla sua esperienza genitoriale vissuta con la co-sceneggiatrice Ottavia Madeddu, nonché all’analoga situazione degli ulteriori due autori del copione, Carlotta Massimi e Davide Lantieri – mantiene dunque pregi e difetti di quei lavori. I caratteri sono definiti perfettamente, tuttavia la voglia di farli interagire all’impronta, pur esaltando la spontaneità dei giovani interpreti (fra loro il Brando Pacitto de L’estate addosso), va a scapito del ritmo. Le disomogenee cadute di tono continuano a esserci e le cornici sono così intrinsecamente tragiche (spaziano dal tradimento alla Ultimo bacio al grottesco tentativo di suicidio) da non suscitare agilmente il riso o la leggerezza pretesa già dal titolo (Virzì non sta qui). E ci sono argomenti lasciati sciattamente in asso, tipo l’interrogazione di Cate. Insomma, è un film che, come certi conoscenti che in fondo ci piacciono, si esprime male, però si fa capire meglio. Il guaio è che talvolta usa parole altrui: a parte le manifeste e non respinte somiglianze con Juno, si riscontrano battute prese di peso dal simile e dimenticato Per gioco e per amore (1988) di John G. Avildsen. Comunque, ne diamo atto, l’insistita e suggestiva immagine-simbolo della storia (insieme all’aneddoto delle paperelle nell’oceano) è efficace: i protagonisti che “nuotano” sulla città. In orizzontale o in verticale o quanto in alto non conta: sono liberi.

Piuma (Italia, 2016) di Roan Johnson con Luigi Fedele, Blu Yoshimi, Sergio Pierattini, Michela Cescon, Francesco Colella

 di Massimo Arciresi

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KKKKK
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