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G8 di Genova, dopo il caso De Gennaro ora tocca a Sabella

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La sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo sui fatti del G8 di Genova sta creando un polverone politico molto più esteso del previsto. Dopo il caso De Gennaro, accusato del blitz della polizia alla scuola Diaz, adesso tocca al Pm Alfonso Sabella. Palermitano, ora assessore alla legalità al Comune di Roma, nel 2001, durante il G8, era a capo del Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria). Sabella viene tirato in ballo per un altro episodio accaduto a Genova, che verrà anch’esso esaminato dalla Corte di Strasburgo. Ci riferiamo ai maltrattamenti riservati ai fermati da parte dei poliziotti in servizio alla caserma di Bolzaneto, in quei giorni adibita a carcere insieme a un’altra caserma, Forte San Giuliano. Durante il G8, chi doveva gestire le operazioni in quei luoghi era proprio il capo del Dap Alfonso Sabella. Oggi, dopo la sentenza della Corte di Strasburgo, Sabella si trova nell’occhio del ciclone: Sel, in maggioranza assieme al Pd, chiede al magistrato di fare i nomi dei “mandanti politici” delle violenze sui manifestanti fermati nella caserma di Bolzaneto, mentre Cicchitto Ncd ne chiede direttamente le dimissioni. Sabella, ai tempi delle sentenze del 2008 sui fatti di Genova, non fu condannato perché il reato era prescritto, il suo caso fu dunque archiviato. Ma i giudici lo accusarono di negligenza e imperizia nel gestire i controlli. Il Pm torna a difendersi con un’intervista rilasciata a la Repubblica: «Volevo che si indagasse su di me approfonditamente, così da togliere ogni dubbio sulla mia innocenza, ma non è stato fatto. Spero in un altro processo perché i fatti vengano alla luce su una questione che mi ha rovinato la vita» dichiara. L’assessore ha sempre sostenuto, e lo ribadisce oggi, che è stato usato come capro espiatorio per coprire prassi illegali. Una di queste era il “piano per gli arresti preventivi”, che lui stesso denunciò al processo: «Una ventina di giorni prima dell’inizio del G8, mi chiamano e mi illustrano il piano degli arresti preventivi: respingere alla frontiera quanti più malintenzionati possibile, sulla scorta delle segnalazioni dell’intelligence; cominciare ad arrestare tutti i manifestanti che avessero con sé cappucci neri, mazze e ogni tipo di arma e trattenerli in stato di fermo in attesa della convalida del Gip – e sino alla fine del summit – vietando per di più i colloqui con i difensori». Un piano folle e illegale che non doveva essere applicato. Ma a quanto sostiene, il piano fu modificato e applicato all’ultimo momento senza consultarlo, per questo fu incastrato. Il Pm sostiene che lui a Bolzaneto è soltanto passato per qualche visita (era basato nell’altra caserma, Forte San Giuliano, dove non è successo niente), e quando arrivava gli agenti non dimostravano nessun atteggiamento ostile verso gli arrestati. Ma chissà come le prove che dimostravano il suo alibi (i tabulati telefonici in cui si poteva rintracciare la sua posizione) sono stati cancellati dai suoi quattro cellulari. Una regia occulta, quindi, c’è stata di certo, ma Sabella non sa o non vuole rivelare i responsabili. E non accenna a dimettersi: «Qui a Roma sto dando fastidio, non intendo dargliela vinta. Chi mi attacca mi citi in giudizio».

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