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TV:IL REGIME DELL’EUFORIA, il 28 ottobre su HIstory Channel Una indagine sul consumo di droga e alcol nella prima metà del Novecento

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Una indagine sul consumo di droga e alcol nella prima metà del Novecento, tra le due guerre e durante il regime fascista

Il Regime dell’euforia, in esclusiva su History Channel (411 di Sky) venerdì 28 ottobre alle 21.50, racconta, con l’aiuto di storici ed esperti tossicologi – tra gli altri Giordano Bruno Guerri, storico e Presidente del Vittoriale degli italiani e Paolo Nencini, studioso di Storia dell’Uso Materiale delle Sostanze Psicotrope –  la relazione tra le sostanze stupefacenti e la storia nel ‘900: la guerra sotto effetto di droga, che rendeva i soldati instancabili e invincibili, la droga dopo la guerra, cercata per riempire un vuoto che la pace fatica a colmare, e infine le leggi del regime fascista contro gli stupefacenti, per arginarne la diffusione e avere un ulteriore strumento di controllo sulla popolazione. Per comprendere quel che accade durante il ventennio fascista, il racconto fa un passo indietro nel tempo. 

Il documentario – prodotto da Creative Nomads, diretto da Marella Bombini e Vichie Chinaglia e scritto da Marella Bombini e Andrea Giulia Santini – ritrae un Paese che all’inizio del secolo non conosce ancora i rischi dell’uso disinvolto di alcolici e droghe: la morfina è utilizzata in Italia per trattare alcune malattie mentali e l’alcolismo cronico, perché si ritiene che questa sostanza provochi meno allarme sociale rispetto all’alcol. Alla vigilia del primo conflitto mondiale, infatti, l’alcolismo è una vera e propria piaga sociale che colpisce anche i bambini; nel 1913 vengono introdotte pene severe per chi somministra alcolici a ragazzi di età inferiore di 16 anni, e viene stabilito un limite al numero delle licenze, prevedendone una ogni 500 abitanti.

Ma se da una parte si cerca di arginare con una legge il problema dell’alcolismo, soltanto due anni dopo la sua approvazione, nel 1915, l’alcol entra silenziosamente a far parte delle munizioni dei soldati al fronte per far sì che sopportino la fatica e l’orrore e superare i propri limiti fisici e psicologici; ai fanti e ai soldati semplici si distribuiscono dosi generose di alcol, grappa o rum, mentre ai corpi più specializzati, come gli arditi e i piloti, protagonisti delle azioni più pericolose oltre la frontiera nemica, si dà la cocaina. D’Annunzio, che ne è consumatore, la chiama “polvere folle”. Poiché i suoi effetti dipendono dalla quantità che si assume, nell’alta società la cocaina si diffonde persino in un vino che ne contiene piccole dosi, il Vin Marianì, consigliato da parte di scultori, papi e poeti che ne esaltano gli effetti terapeutici, mentre il Robur, pubblicizzato nel 1916 sull’Avanti! come rimedio per l’anemia, è somministrato a donne e bambini.

Nel periodo tra le due guerre, l’Italia, in particolare Trieste, è la zona di transito ideale per il traffico di oppiacei provenienti soprattutto dalla Turchia, e il consumo di droghe dilaga. Il Regime punta alla purezza della razza, e non tollera “dei drogati nelle sue file”, eppure tra quei tossicodipendenti che ripudia, ci sono i soldati che hanno difeso la Patria; l’euforia è permessa quando l’obiettivo è vincere, ma la dipendenza che genera va punita e il prezzo da pagare è la libertà. La legge sugli stupefacenti entra a far parte del Testo Unico di Pubblica Sicurezza, obbligando i medici a segnalare all’autorità di Pubblica Sicurezza sia il tossicodipendente che il malato di mente, perché potenzialmente pericolosi per l’ordine pubblico. Non a caso, durante il Ventennio il numero dei ricoveri in manicomio aumenterà progressivamente. Ma la diffusione della droga è rapidissima in tutta Europa: un medico tedesco, osservando gli atleti statunitensi durante le Olimpiadi del 1936, scopre che questi atleti gareggiavano con ottimi risultati dopo aver assunto un’anfetamina, il Benzidril, e nasce così l’idea di produrre un’anfetamina tedesca, il Pervitin, che in pochissimo tempo conquista il mercato farmacologico tedesco, anche in seguito ad alcune campagne di marketing sviluppate con la collaborazione dei medici. Il Pervitin si diffonde tra operai, infermieri, SS e liberi professionisti, al punto che la fabbrica che lo produce inventa anche il cioccolatino al Pervitin, destinato al grande mercato. A partire dal 1939 comincia la sperimentazione verso l’esercito, quando Hitler ne è già dipendente.

Com. Stam.

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