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Franny ~ I tormenti di un uomo ricco

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Esiste un sottogenere cinematografico che potremmo definire “Richard Gere movie”, in Italia circolante preferibilmente durante le feste natalizie. Raramente cerca la leggerezza (Se scappi, ti sposo), predilige invece il melodramma, familiare (Parole d’amore), animale (Hachiko), più spesso romantico (Autumn in New York, L’amore infedele, Come un uragano). Il fascinoso attore americano, che con i decenni è diventato anche bravo, vi recita riversando tormenti da uomo medio alle prese con le conseguenze tragiche delle sue azioni o con le svolte impreviste del destino, e sono storie dove la morte gioca quasi sempre un ruolo dominante. È il motivo per cui Franny (dal nomignolo del protagonista) sfoggia verosimilmente l’aura della summa della stabile carriera del divo, condotta con discreto fiuto tra un “I can’t believe it” e l’altro, soprattutto se si ha presente pure il suo Mr. Jones, depresso bipolare del quale questo milionario ossessivamente generoso e irrimediabilmente infelice è parente stretto.
Le cause delle sue tribolazioni non sono affatto segrete, bensì manifeste fin dall’ouverture del film: un gesto espansivo di troppo polverizza le esistenze di una coppia di cari amici (che hanno i volti di Dylan Baker e Cheryl Hines). Quando, cinque anni più tardi, la loro adorata figlia (la cresciuta Dakota Fanning, ex-enfant prodige), adesso sposata e incinta, contatta il facoltoso “zio”, che nel frattempo ha comunque realizzato, con lo slancio filantropico che lo caratterizza, il moderno ospedale pediatrico dei suoi sogni e, fra atroci dolori non solo fisici, è diventato morfina-dipendente (per tacere di ulteriori vizi), questi si prodiga per far assumere il marito della gestante (Theo James di The Divergent Series), ovviamente un medico, per recuperare la casa appartenuta ai defunti genitori della ragazza, per coprire i debiti. Premure a mano a mano invadenti, soprattutto per il giovane dottore, che però servono all’insistente mecenate per alleviare l’aberrante peso che lo ha vistosamente segnato e che potrebbe essere quantificato dalla lunghezza di barba e capelli. Nel corso di una forzosa “libera uscita” a base di pasticche viene persino fuori la confessione di cotanta colpa, però diventa un dettaglio drammaturgicamente irrilevante, così come risulta vano interrogarsi – e i coniugi lo fanno – sulle origini dell’illimitata ricchezza del benefattore (vedi il titolo originale). Buchi che in un contesto diverso magari non guasterebbero, ma che qui diventano la cartina di tornasole della fattiva incuria che attanaglia il copi0ne, scritto dallo stesso regista Andrew Renzi, esordiente nella finzione.

Franny (The Benefactor, USA, 2015) di Andrew Renzi con Richard Gere, Dakota Fanning, Theo James, Clarke Peters, Tibor Feldman

Di Massimo Arciresi

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KKKKK
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