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Rita Barbera: Pio La Torre sia d’ispirazione per chi ambisce ad amministrare i beni comuni

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Sono passati quarant’anni da quel tragico 30 aprile 1982 quando, sotto il fuoco mafioso, caddero Pio La Torre, al tempo segretario regionale del P.C.I., e il suo collaboratore, amico e compagno di lotte Rosario di Salvo.

La figura e le opere di Pio La Torre – dichiara Rita Barbera – devono essere una guida per chi aspira ad amministrare le città, le regioni e il paese. Di lui non ricordiamo solo la legge n. 646 del 13 settembre 1982, nota anche come legge “Rognoni-La Torre”, che ancora oggi permette il sequestro dei beni mafiosi e che fu approvata dal Parlamento solo dopo il suo omicidio e quello del Prefetto dalla Chiesa, ma anche il suo impegno nella “Commissione Parlamentare Antimafia” e alla relazione di minoranza del 1976, che presentò assieme a Cesare Terranova, che aveva come tema centrale la comprensione del fenomeno mafioso, ovvero l’analisi del rapporto di compenetrazione tra il sistema di potere mafioso e l’apparato statuale-politico. Uomo politico – continua Rita Barbera – con una visione illuminata della società ha sempre rivolto il suo sguardo e il suo intento nella difesa e tutela dei più poveri, degli sfruttati, di quelli che allora erano definiti “diseredati” e si è battuto fino all’ultimo giorno contro le mafie e per la pace. Il suo impegno, sin dai banchi del Consiglio Comunale di Palermo, si è sempre distinto per la lucidità nell’evidenziare la necessità di contrastare mafia, malaffare e corruzione. Da quei banchi denunciava, già allora, i “mali” di Palermo, gli stessi che ancora oggi sono chiamati eufemicamente emergenze».

«Alla luce dell’ultimo sondaggio conoscitivo organizzato dal “Centro Studi Pio la Torre” nell’ambito del “Progetto educativo antimafia” e rivolto agli studenti – prosegue Rita Barbera – è necessario riflettere sui risultati. Interpellati sulla possibilità che la mafia possa essere definitivamente sconfitta oltre il 40% risponde negativamente ma è alta anche la percentuale di coloro che non rispondono, superiore, seppur di poco, al 30%. Più del 50% degli intervistati ritiene che il rapporto mafia-politica sia “abbastanza forte” e oltre il 30% lo ritiene “molto forte”. La corruzione della classe dirigente è il fattore che più incide nella diffusione del fenomeno, sia al Nord (53,66%) sia in Sicilia (45,56) mentre, al secondo posto, per oltre il 35% degli studenti dell’Isola, c’è la mentalità dei cittadini. Sempre dal sondaggio emerge che, per i ragazzi, impegnarsi per gli altri vuol dire “dedicarsi a chi ha bisogno”, “difendere l’ambiente” e “fare volontariato in un’associazione”. E sono gli stessi studenti a indicare una soluzione: educare i giovani alla legalità è il primo passo che lo Stato deve compiere come azione di contrasto, seguito dalla necessità di “colpire la mafia nei suoi interessi economici” proprio come ha insegnato Pio La Torre».

Com. Stam.

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