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Intervista con Neverbh

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zero miracoli è il nuovo album di Neverbh, per UMA Records, in distribuzione Sony Music Italy. È stato anticipato dai singoli: moon, vai o resti, ehi dimmi e byebye (feat Tamì) e ora insieme agli altri inediti si presenta come un racconto, ogni canzone è una fotografia di un momento preciso ed è associata a un simbolo, uno storytelling visivo oltre che cantato.

Questo disco rappresenta l’ultimo anno di crescita e di ricerca dell’artista veronese, dove ritornelli pop, venature elettroniche e sonorità lo-fi esaltano la sincerità del suo songwriting: autentico, sussurato e delicato.

 “zero miracoli ha un doppio significato. Da un lato, quando qualcosa finisce non puoi aspettarti che torni indietro, non devi appenderti con ossessione a un miracolo, ad un ritorno. Quel che avevi è stato perso, e devi andare avanti, nel bene e nel male.

Dall’altro, nella vita devi combattere per prenderti i tuoi sogni. Non puoi aspettarti che accada il miracolo. Devi stringere i denti e lottare. Il senso è che spesso credere ai miracoli è limitante, perché ci porta ad avere poca fede in noi stessi, ci sediamo e speriamo che le cose accadano. Invece siamo noi a farle accadere.”

Ecco cosa ci ha raccontato!

Quali sono le storie che racconti nel disco “zero miracoli”? Si tratta di storie autobiografiche? Quanto temi ad esporti nella tua musica?      

Ogni canzone è la fotografia di una vicenda o di un’esperienza che in qualche modo mi ha segnato e fatto crescere. Ad esempio “ho pianto un fiume” descrive le sensazioni di un abbandono. “moon” un amore platonico. Ogni brano è molto personale, ma cerco di utilizzare un linguaggio relativamente semplice e diretto in modo che chiunque vi si possa ritrovare.

Per quanto riguarda l’esporsi nella mia musica, ne ero terrorizzato all’inizio. Quando ho iniziato mi sentivo estremamente vulnerabile, la mia voce usciva con insicurezza. Per carità, è anche questo che a detta di alcuni ha reso la mia musica “autentica”. Oggi mi sento più consapevole di ciò che sono, più sicuro, ma sempre e comunque “vero”.

Senti che i tuoi ascolti hanno influenzato la tua musica?   

Sicuramente ascoltare musica influenza quella che scrivi. Per questo ascolto un po’ di tutto, voglio sempre essere aperto alle novità e scoprire cose. Cito spesso Jeremy Zucker tra le mie principali influenze di quest’ultimo anno. Mi rivedo moltissimo nelle sue sonorità chill/pop

Si può fare musica senza essere ascoltatori?            

La questione è interessante: se un artista riuscisse a fare musica senza ascoltare nient’altro, uscirebbe nelle canzoni la sua vera anima, al 100%, poiché non sarebbe influenzata da nessun elemento esterno ad essa. Tuttavia questo è impossibile, perchè se non ascolti non impari, e se non impari non scrivi musica.

Quindi in definitiva risponderei di no.

Come sei entrato in contatto con Marco Paganelli?

Tramite UMA Records, la mia etichetta, che saluto. Con Marco c’è stato subito molto feeling, ha un orecchio incredibile e questo è tutto nella musica.

Come stai in questo momento?

Sono emozionato, parecchio. Ma è una bella sensazione. Una parte di me estremamente importante non è più solo mia, ma del mondo. È una sensazione particolare, ti fa sentire un po’ “toccabile” da tutti, ma al tempo stesso vedere che le persone si ritrovano nelle canzoni è indescrivibile.

Com. Stam.

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