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I “the shape”

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Pubblicare un disco, ma non renderlo disponibile su Spotify o sulle altre piattaforme di streaming che tanto vanno di questi tempi.

Questa la scelta controcorrente dei The Shape, band che di recente si è riunita dopo una pausa di diversi anni, per registrare un disco intitolato Morning, Paradiso, uscito lo scorso 5 febbraio. Il disco si può trovare solo su Bandcamp, piattaforma che permette fino a un massimo di tre ascolti del disco, dopodiché l’utente per continuare ad ascoltare l’album deve decidere di acquistarlo, in questo modo andando a remunerare debitamente gli artisti che hanno speso risorse, tempo ed energie per comporre, registrare e pubblicare l’opera, al contrario di Spotify e compagni che riconoscono agli artisti solo una frazione di centesimo di euro per ogni stream generato.

Raccontateci la vostra scelta coraggiosa di non pubblicare il vostro disco su Spotify o su nessun’altra piattaforma tradizionale di streaming.

È nato tutto pochi mesi fa. Dopo quasi un anno a rimandare l’uscita, prevista inizialmente per la primavera 2020, ci siamo ritrovati con una situazione che non dà ancora garanzie sul futuro ma anche con la consapevolezza che il disco doveva uscire, non poteva restare in frigo ancora, sarebbe andato a male. Chiaramente a fronte dello sforzo sia economico ma anche fisico e psicologico per produrlo, ci siamo chiesti quale sarebbe stato il modo migliore per onorarne la sua genesi, e visto che i servizi di streaming gratuito tendono a “smaterializzare” l’ascolto e che le opportunità di vendere un vinile a un concerto erano nulle, abbiamo puntato sul compromesso: venderlo in digitale su Bandcamp.

Avete fatto un disco di chitarre nel 2021, epoca in cui non sembra che il rock (comunque lo si voglia definire) non vada per la maggiore. È una scelta in controtendenza o credete che ci sia un futuro più roseo per questo genere?

Abbiamo fatto un disco in cui ci sono ancora le chitarre, sì, ma non lo definiremmo un disco rock. L’idea è che le chitarre dovessero fare da contraltare a suoni più elettronici comunicando con quest’ultimi, e quindi non essere più le protagoniste. A nostro avviso il rock nella sua accezione più pura, o comunque per come l’abbiamo conosciuto fino agli anni ’00, è un capitolo abbastanza superato, ma non è detto che non venga riaperto in futuro. Il revival è qualcosa di onnipresente nella storia della musica e sappiamo di giovani trapper che al suono di una chitarra in un loro pezzo gridano al miracolo. Insomma, i generi musicali sono in completo divenire e questo è il bello della musica. Chi parla di rock che è morto o che continua a vivere probabilmente ha solo troppa pigrizia nello scoprire nuova musica.

Cinque anni di inattività, poi la reunion e la creazione di questo nuovo disco, Morning, Paradiso. Cosa vi ha dato la spinta di rimettervi in pista?

Semplicemente il fatto di non pensare mai di mettere una parola fine a questo progetto nonostante gli andirivieni di alcuni di noi, in giro per il mondo. Avevamo questi pezzi in cantiere da tempo, ci è bastato metterci comodi in sala prove per portarli a termine.

Morning, Paradiso arriva a sei anni dal vostro ultimo album. Quanto siete cambiati voi e quanto è cambiato il settore musicale?

Moltissimo. Lonely Crowd, che è uscito all’inizio del 2015, è stato pubblicato su Spotify quando questo era ancora una novità per il mercato italiano. Facebook la faceva da padrone e Instagram era solo un modo per pubblicare quello che mangiavi. Sembrano dettagli, ma la differenza è abbastanza netta! Inoltre vediamo sempre meno band in giro, non è necessariamente un male ovviamente, ma anche questo ha cambiato il mercato. I nuovi generi derivati dal macro-mondo del rap ci affascinano perché hanno riportato in auge un modo di fare musica che non si vedeva in Italia da decenni. C’è meno la cultura della musica suonata live, ma paradossalmente c’è più scena musicale, più scambio culturale.

Che esperienza è stata lavorare con Martino Cuman dei Non Voglio Che Clara? Qual è stato secondo voi il suo maggior contributo al disco?

Martino lo conosciamo bene dai tempi in cui abbiamo registrato Lonely Crowd, per il quale aveva scritto alcuni arrangiamenti per archi, è un amico. Lavorare con lui è stato divertente ma anche molto faticoso. È molto esigente! In fase di preproduzione è stato fondamentale nel farci avere una consapevolezza generale dei pezzi e durante le registrazioni ha tirato fuori dal cappello diversi conigli di creatività per svoltare alcune situazioni di stallo.

Quali sono i temi prevalenti nei testi di Morning, Paradiso?

Nel disco i temi sono vari; si potrebbero definire “esistenziali”. Probabilmente la cosa più importante è la realizzazione di quel senso di solitudine che ogni persona prova, e il fatto che le esperienze nella vita spesso servono per andare un passo più in profondità con sé stessi. Le domande senza risposta sono ancora molte comunque.

Pur risultando un disco coeso e unitario, ogni traccia del disco sviluppa un po’ il proprio sound, come se fosse un mondo a sé. Avete deciso di intraprendere questa direzione fin dall’inizio o è una cosa di cui vi siete resi conto a posteriori?

Fin dai nostri primi pezzi, quando eravamo dei pischelli, abbiamo sempre cercato di uscire dagli schemi tradizionali della canzone pop/rock, affrontando il più possibile sonorità nuove per noi. Semplicemente: ci annoiamo in fretta!

C’è qualche aneddoto o storia particolare che vi andrebbe di condividere con i nostri lettori riguardante la scrittura o la registrazione del disco?

Accorgersi di essere diventati adulti mentre accadeva.

Com. Stam.

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