Non si può pensare di combattere la ludopatia aumentando le tasse su giochi e scommesse, sperando che gli italiani giochino di meno. Tassando i giochi puoi fare solo cassa, non certo spingere i frequentatori di slot machine e video poker a giocare di meno; pensare il contrario è solo una pia illusione o, peggio, essere in malafede.
Lo ha sostenuto un recente studio dell’Osservatorio sui conti pubblici dell’Università cattolica. L’attuale governo Lega-M5s ha recentemente aumentato le tasse su giochi e scommesse, nella convinzione che così si sarebbero ridotte le puntate e limitato la ludopatia. La misura ha trovato apprezzamento nell’opinione pubblica, che ha seguito il ragionamento governativo, ma lo studio della Cattolica ha dimostrato invece che non c’è alcun rapporto diretto tra l’aumento dell’imposizione tributaria e la riduzione delle giocate. Anzi. L’innalzamento delle tasse non ha affatto diminuito la ludopatia, che è invece paradossalmente aumentata, consentendo solo un maggiore gettito fiscale per lo Stato. A pagarne lo scotto alla fine sono stati gli stessi giocatori, perché i gestori di sale bingo e slot hanno scaricato su di essi la maggiore tassazione, riducendo la percentuale delle vincite e mantenendo invariato il proprio margine di guadagno. Ciò significa che i montepremi si sono ridotti, si vince di meno e meno volte. In tutto questo a guadagnarci sono sempre in due: l’Erario e il titolare delle macchinette o delle sale giochi e sempre ai danni del giocatore, che continua ad essere spennato nella speranza di beccare la vincita fortunata che gli faccia cambiare vita, mentre invece giocata dopo giocata egli scivola inesorabilmente verso la povertà e sempre più spesso anche nella perdita del lavoro, della pace familiare e dei suoi beni.
Ciro Cardinale
CS
0 comments
Share
