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Il critico e curatore dell’arte Paolo Battaglia La Terra Borgese e il suo concetto della pittrice Nanda Rago

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Opera: “Indecisione” – 1984, olio su tela, cm 70 x 70 – Museo Civico Giandalia

Sembra di avere dinanzi una foto – esordisce Paolo Battaglia La Terra Borgese – nel senso di un soggetto in posa con l’occhio fisso all’obbiettivo, in procinto, come suggerisce il titolo, di decidere se uscire alla luce o restare al buio in casa. Ma la ragione speculativa di questa entificazione composta da Nanda Maggi, in arte Nanda Rago, non deve trarre in inganno: essa è la documentazione fresca, intelligente, sincera, di un’esperienza umana incredibile: donne sigillate dal terrore nella clausura di una religione. Già a voler tracciare soltanto una rapida panoramica, corre l’obbligo di apprezzare l’onestà intellettuale che colpisce nel metodo dialettico, già che questo tiene conto di quella felicità – espressa col sorriso della figura e dall’orecchino d’oro – ch’è figlia di una rassegnazione atavica oramai dimenticata dalla mente. Il personaggio dunque è una vittima abituata e inconsapevole. Con gioia si offre nell’opera un germoglio verde che spunta, nonostante tutto, dal terreno inaridito e calpestato dalla cattiveria umana. A narrarlo è la luminosità della ragazza, dipinta in contrasto col tronco e col muro elevati al rango di porta sacra per segnare il passaggio dal buio verso la luce.

La donna è agghindata per l’uscita, ma indecisa sulla soglia, coi suoi occhi  velatamente tristi e intenti, piantati in mezzo al viso grassoccio. Essa è il personaggio di una nuova mitologia: il dubbio tra una nuova speranza e l’antica tradizione già stereotipata nello spirito.

La parte superiore del braccio sinistro, estremamente allungata, contribuisce a creare una sensazione di languida grazia. L’orecchio sinistro è oggettivamente troppo grande, a rivelarlo è l’orecchino, ma in questo modo crea un contrasto deciso emergendo dalla massa dei capelli scuri.

Figura e scorcio sono spogliati della loro consistenza e dal loro significato naturale nelle sagome per lasciare posto a una fase lirica cantata dal colore e danzata dallo spettro ottico dorato. Tenebra e luce sono le vere protagoniste del quadro. Tornano in mente le parole di Carl Gustav Jung: “Non si diventa illuminati immaginando scenari luminosi, ma portando alla luce le proprie oscurità interiori”.

Com. Stam.

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