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Elezioni sicilia

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Il 5 novembre i siciliani si sono recati alle urne per eleggere il “loro” Parlamento (il nome Assemblea Regionale probabilmente fu introdotto per evitare confusione tra l’organo rappresentativo locale e quello nazionale). Nessuno dei candidati (e sicuramente nessuno degli elettori) ricorda che le prime elezioni regionali in Sicilia si svolsero proprio settant’anni fa.

Il 20  Aprile 1947 ebbero luogo le prime elezioni regionali siciliane. Un evento importantissimo al quale che il Giornale l’Ora dedicò un’edizione speciale.

 La Sicilia usciva dalla Seconda Guerra Mondiale martoriata dal conflitto e  da monarchie e governi che avevano sfruttato le risorse locali depauperando un patrimonio inimmaginabile. Nel 1947 ai siciliani venne dato il compito di ricostruire, riorganizzare e dire come gestire i quattrocento comuni dell’isola. Non furono elezioni facili: dopo il 1945, erano sorti nuovi partiti e movimenti politici che  avevano visto moltiplicarsi i propri iscritti in modo impressionante: il MIS (Movimento per l’Indipendenza della Sicilia) di Finocchiaro Aprile, arrivò a contare circa un milione di iscritti in pochi mesi. Fece capolino anche la mafia che cercò di recuperare gli spazi perduti.

Nel 1946, in tempo record, la Consulta Regionale scrisse lo Statuto Speciale per la Sicilia che venne presentato al Governo De Gasperi e approvato da re Umberto II. L’anno successivo vennero indette le elezioni regionali siciliane. Un momento storico che ebbe risultati per molti inaspettati: il popolo, affluito in massa ai seggi, votò a favore della sinistra (che ottenne il 30,4% contro il 20% della Democrazia Cristiana).

La risposta di chi non aveva gradito quell’esito non si fece attendere. Pochi giorni dopo, il primo maggio, vennero sparate numerose raffiche di mitra su duemila lavoratori riuniti in località Portella della Ginestra, nella vallata circoscritta dai monti Kumeta e Maja e Pelavet tra i comuni di Piana degli Albanesi, San Giuseppe Jato e San Cipirello, per manifestare contro il latifondismo. Un quarto d’ora di mitragliamenti che causarono undici morti (otto adulti e tre bambini) e una trentina di feriti. Seguirono altri attentati contro le sedi del PCI di Monreale, Carini, Cinisi, Terrasini, Borgetto, Partinico, San Giuseppe Jato e San Cipirello. Dappertutto vennero lasciati i volantini firmati da Salvatore Giuliano, ex colonnello dell’E.V.I.S., l’Esercito volontario per l’indipendenza della Sicilia (una formazione paramilitare clandestina, creata da Antonio Canepa nel 1945 che secondo alcuni era il braccio armato del Movimento Indipendentista Siciliano che però, non lo riconobbe mai pubblicamente) che incitavano la popolazione a ribellarsi al comunismo. I gruppi evisti erano stati sciolti nel 1946. Solo Giuliano si era rifiutato di deporre le armi e aveva deciso di continuare a combattere contro: tutti forze dell’ordine e cittadini inermi.

Venne ucciso, nel 1950, da un bandito, Gaspare Pisciotta che dichiarò che Giuliano aveva avuto diversi incontri con alcuni deputati come Giovanni Alliata Di Montereale, Tommaso Leone Marchesano, Giacomo Cusumano Geloso, con i quali aveva pianificato la strage di Portella della Ginestra (accuse dichiarate, però, infondate dalla Corte d’Assise di Viterbo, dove era stato spostato il processo).

Dopo settant’anni non è ancora del tutto chiaro chi siano stati i mandanti della strage di Portella della Ginestra che macchiò di sangue le prime elezioni regionali siciliane.

Fu questo il clima che caratterizzò l’autonomia della Sicilia. Un clima caldo più simile agli scontri delle scorse settimane in Catalogna che alle passeggiate dei movimenti indipendentistici siciliani dei mesi scorsi (poche centinaia di persone su una popolazione di oltre cinquemilioni di abitanti).  Un’indifferenza confermata dalle percentuali dei votanti. Alle elezioni del 1947, in Sicilia, andarono a votare quasi l’80% degli elettori (il 79,8). Alla consultazione successiva, nel 1951, gli elettori furono quasi l’82% del totale. Percentuali mai più viste in tempi recenti: nel 2001, i votanti furono 2.701.093 (pari al 59,16 % del totale). Nel 2006, furono 2.701.093 (59,16 %). Nel 2008, gli elettori che si recarono alle urne furono un po’ di più, il 66% del totale. Ma nel 2012, gli elettori tornarono ad essere solo 2.203.885, pari al 47,42% degli aventi diritto. Meno di uno su due. Un vero e proprio record. Non sorprende che un recente sondaggio condotto dall’Istituto Demopolis ha rilevato che 26 siciliani su cento non sono al corrente del valore e dei meccanismi delle elezioni. http://www.demopolis.it/?p=4548

A settant’anni dalle prime elezioni e dagli eventi che seguirono alcune cose sono radicalmente cambiate, altre sono rimaste uguali. Ancora oggi nessun partito, in Sicilia, è in grado di ottenere una maggioranza solida. Ciò significa che, per governare, sono necessari compromessi che spesso pongono i partiti che hanno ottenuto la maggioranza dei voti sotto la minaccia dei partiti di minoranza. Oggi come oltre mezzo secolo fa, l’autonomismo e l’indipendentismo sono solo delle mere chimere: anche le legislature regionali in cui a governare sono andati partiti dal nome inneggiante all’autonomismo (come l’MPA di Lombardo), non hanno mai ottenuto realmente il rispetto dello Statuto regionale. (https://www.ars.sicilia.it/home/Statuto.pdf). Ma non dai siciliani, prima di tutto dai governi nazionali. Una legge tanto importante e antica da essere allegata e inserita nella Costituzione Italiana (che è stata approvata dopo). E negli anni, la situazione si è aggravata al punto che nessun partito o gruppo politico (tranne pochissime eccezioni) ha osato inserirla nel proprio programma elettorale il vista delle elezioni regionali del 5 novembre prossimo.

Ora che in molte regioni italiane si parla di autonomia, in Sicilia si parla di “indipendenza”. Sono molti i candidati alle elezioni a rivendicare questo diritto. Grida che, però, sembrano essere avere poco seguito. Del resto nessun candidato, nemmeno quelli facenti parte dei gruppi più indipendentisti, ha sottolineato davanti ai propri potenziali elettori, qual è l’importanza dell’essere “siciliano”. A cominciare dalla lingua: una lingua che secondo una legge in vigore da anni, dovrebbe essere insegnata in tutte le scuole della regione. (L.R. 31 maggio 2011, n. 9 – G.U.R.S. 3 giugno 2011, n. 24). Ma che invece sta perdendo importanza al punto da essere stata da poco declassata a dialetto).

In realtà, come si è visto negli ultimi confronti elettorali, i leader delle diverse coalizioni in corsa per il governo della Sicilia hanno parlato molto poco di programmi chiari e ben definiti. Anche le (poche) iniziative proposte, ad una analisi più approfondita, appaiono irrealizzabili, almeno nel breve/medio periodo. Diversi, ad esempio, hanno parlato di nuovo del ponte sullo Stretto di Messina (se ne era parlato anche in occasione delle elezioni del 2016, ma poi gli eletti se ne sono dimenticati). Ebbene, chi ne ha parlato sembra non sapere che esistono difficoltà tecniche, ma soprattutto finanziare per la realizzazione dell’opera (anche i potenziali finanziatori cinesi sono fuggiti, dopo aver fatto bene i conti). Del resto che importanza ha dedicare somme immense di denaro pubblico e privato per costruire il ponte sullo Stretto, quando, per andare da una parte all’altra della Sicilia, in macchina o in treno, ci vuole lo stesso tempo che a nord serve per attraversare mezza Europa?

La verità è che della Sicilia non sembra importare più a nessuno: nonostante la campagna elettorale in corso, lo stesso Renzi ha rinunciato a passare lo Stretto col suo treno. Un grave errore, secondo molti, specie considerando che la sinistra è stata al governo della Regione nell’ultima legislatura e che il suo partito, che in Italia vanta la maggioranza (se non assoluta, di coalizione), si sta presentando spaccato alle regionali.

Ma quelli a cui pare importare di meno chi sarà eletto sono proprio i siciliani. Secondo Demopolis, la fiducia dei siciliani nell’istituzione “Regione” non va oltre il 12%. Un campanello d’allarme che dimostra come, negli ultimi anni, ad essere cambiato è soprattutto il modo in cui i siciliani partecipano alle scelte politiche che riguardano la loro isola. Se queste previsioni verranno confermate dalle elezioni del 5 novembre, vorrà dire che ad essere sconfitto non è questo o quel partito o raggruppamento: ad essere sconfitta sarà, prima di tutto, la Sicilia.

C.Alessandro Mauceri

KKKKK
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