Fischiato a Cannes nel 2016 e in generale massacrato dalla critica, il nuovo film dietro la cinepresa del nervoso Sean Penn (piuttosto cauto come autore: cinque lungometraggi in 26 anni, da Lupo solitario a Into the Wild – Nelle terre selvagge, passando per il dittico con Nicholson formato da Tre giorni per la verità e La promessa) è stato tacciato di illustrare le tragedie che si consumano in Africa spettacolarizzandole, oltre a gestire male lo script della sua amica Erin Dignam, la quale nel 1997 fa lo diresse nell’intenso incipit di Prove d’accusa. Eppure le crudezze mostrate, le cui vittime principali si rivelano i bambini (anche quelli educati a imbracciare le armi), sono testimonianze vissute o raccolte dallo stesso cineasta, impegnato in prima linea nel campo degli aiuti umanitari e lodevolmente pronto a indignarsi – come si evince perfino dal plot di questo suo lavoro – per l’indifferenza della comunità internazionale a proposito delle laceranti dittature e guerre civili che affliggono il Continente Nero. Poi Penn ha notoriamente un carattere difficile (l’ottima protagonista Charlize Theron era la sua compagna all’epoca delle riprese, però al momento della presentazione dell’opera al festival francese i due avevano già rotto in malo modo, al punto di ignorarsi completamente), ma è una faccenda differente.
Il regista chiama Javier Bardem, già incontrato da attore su più di un set (Prima che sia notte, The Gunman), e gli affida il ruolo di Miguel, medico idealista e non insensibile al fascino femminile che incontra la collega Wren (Theron), a capo di una ONG. Nel corso di una tumultuosa missione umanitaria tra la martoriata Liberia e la Sierra Leone tra i due sboccia un sentimento, messo a dura prova dalla condotta dell’uomo. Tuttavia non è l’accidentata love story a far da collante a una trama orientata verso la denuncia, bensì – paradossalmente – le posizioni antitetiche dei personaggi principali, uno convinto che sia meglio salvare ogni singola vita possibile, l’altra determinata – pure per via dell’estenuazione sopravvenuta alla vista di tanti orrori – a diramare un circostanziato grido d’allarme ai “piani alti” del pianeta.
La narrazione, supportata dalle marginali e comunque intense partecipazioni di Reno e Harris, non fa sconti su immagini e situazioni; una durezza che non pare lasciar spazio a quel “compiacimento cinematografico” che qualcuno ha voluto trovarci. Anzi, l’elegante struttura a flashback è funzionale alla progressione emotiva. Naturalmente, si può sempre discutere sull’opportunità di alcune scelte o sull’armonizzazione dei toni più smorzati con il resto. Senza preconcetti.
Il tuo ultimo sguardo (The Last Face, USA, 2016) di Sean Penn con Javier Bardem, Charlize Theron, Adèle Exarchopoulos, Jared Harris, Jean Reno
di Massimo Arciresi
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